Il movimento hirak – hirak significa proprio movimento – è nato venerdì 22 febbraio 2019. Da allora milioni di algerini sono scesi in piazza per chiedere una vera democrazia, una magistratura indipendente, un cambio di regime.
Un sistema da spazzare
Dopo settimane di mobilitazione l’hirak ha ottenuto la rinuncia di Abdelaziz Bouteflika al quinto mandato. L’hirak ha inoltre respinto nuove elezioni presidenziali convocate per il 4 luglio dal presidente ad interim Abdelkder Bensalah, sostenuto dal generale Salah, capo di Stato maggiore e uomo forte dell’Algeria.
Alle elezioni presidenziali, nel dicembre 2019, ha vinto Abdelmadjid Tebboune ma con scarsa affluenza alle urne e respinto dall’hirak in quanto visto come una manovra del “sistema” al potere per garantirsi la sopravvivenza.
In diverse città si sono registrate marce anti-elettorali e scontri, non solo ad Algeri, ma anche nella regione della Cabilia, a Bejaia e Tizi Ouzou, dove i manifestanti si sono impadroniti delle urne. La vicenda è ben raccontata nel libro di Mina Kaci, giornalista de L’Humanité, ‘One, two, three, Nouvelle Algérie’, dove emerge che l’hirak esige una rottura rivoluzionaria con il sistema imposto da una casta nel 1962. E che ha i suoi precedenti nel 1988 ad Algeri e nel 2001 in Cabilia.
In piazza, nonostante arresti e virus
L’hirak ha incontrato due forti ostacoli: la repressione – quasi un centinaio di attivisti imprigionati – e ancor più la crisi sanitaria dovuta al coronavirus, che dal marzo 2020 ha condizionato la sua capacità di mobilitazione.
Ultimamente, comunque, vi sono forti segni di vita. Diverse migliaia di persone hanno marciato martedì 16 febbraio 2021 nell’est dell’Algeria a Kherrata, culla del movimento anti-regime hirak, nonostante il divieto di manifestazioni, in occasione del secondo anniversario della rivolta popolare che ha estromesso dal potere Abdelaziz Bouteflika (foto in evidenza: la marcia a Kherrata, ndr).
Il 22 febbraio 2021, giorno del secondo anniversario dell’hirak, si sono viste manifestazioni in tutta l’Algeria: Algeri, Annaba, Oran, Béjaïa, Sétif, Bouira, Mostaganem e Constantine, nonostante il forte dispiegamento delle forze di polizia.
Vittorie del movimento
Vi sono anche altri fatti importanti.
Il 18 febbraio il presidente Abdelmadjid Tebboune ha compiuto un gesto di pacificazione perdonando decine di prigionieri di coscienza e ha indetto elezioni anticipate per far fronte alla crisi politica. Il 19 febbraio sono stati rilasciati più di 30 prigionieri di coscienza, tra cui Khaled Drareni, corrispondente di TV5MONDE e Reporter Senza Frontiere in Algeria, condannato a due anni di carcere in appello a settembre, e che è diventato il simbolo della lotta per la libertà di stampa in Algeria. Da allora, quasi 40 prigionieri sono stati rilasciati.
Abdelmadjid Tebboune ha dichiarato: «L’hirak ha salvato la nostra nazione (…) per questo, con la convinzione di aver colto le sue principali istanze, ho deciso di concedere la grazia presidenziale a persone condannate o in attesa di giudizio: tra i 55 e i 60 prigionieri si riuniranno alle loro famiglie nei prossimi giorni».
Tutto ciò è una vittoria dell’hirak, che deve continuare a vincere fino a un cambio reale, sostanziale del vecchio sistema di potere.