Effetto tampone: l’Italia frena ma non si ferma
Tra Parma e il Far East, la Nazionale di Roberto Mancini è uscita da uno strano e complicato vortice di situazioni con nove punti. La sostanza insomma c’è: ha fatto quello che doveva. Eppure non è stato facile. Ma le considerazioni di natura squisitamente tecnica, che hanno unito a squarci di sole anche qualche nuvoletta, sono difficili da analizzare con obiettività, visto il film dei giorni azzurri conditi – per usare il titolo di un film – da una serie di sfortunati eventi.
Buone le prime. Ma…
Sul volto del ct, a fronte di tre successi (peraltro preventivabili), una smorfia corrucciata sotto gli occhi di tutti. Eppure, probabilmente, quello che si poteva pensare un esercizio tecnico non bene eseguito, in realtà nascondeva ansie e difficoltà di ben altra natura.
Lo abbiamo saputo dopo. Il focolaio Covid che ha coinvolto giocatori e staff, in occasione del lungo raduno, ha aggiunto un’incognita e reso l’equazione più difficile di quanto si potesse pensare.
Uno scenario che cambia. Come il cinema, è un gioco di luci e ombre.
Non è sembrato un film di Paolo Sorrentino, quello offerto con Irlanda del Nord, Bulgaria e Lituania: la Grande Bellezza che ha sistemato il ranking mondiale della nostra squadra nazionale dell’ultimo corso è sembrata piuttosto lontana dalle tre prime esibizioni nel cammino che porta al mondiale.
Come mai?
Un Club Italia esclusivo?
E sotto l’aspetto tecnico, ci sentivamo pronti a chiedere ragione della titolarità di alcuni Intoccabili Veterani, reduci da tanti problemi di salute muscolare, da lunghi stop, prossimi a un futuro non scritto nei rispettivi club, eppure visti sul campo in queste partite.
Avremmo chiesto al Mancio se anche la sua Nazionale, che ha portato al debutto tanti giocatori, non finisca alla fine – e inesorabilmente – schiava di un Club Italia esclusivo, dove comandano i club e gli interpreti entrano ed escono a prescindere da tutto e da tutti.
Il riferimento è chiaro: Bonucci e Chiellini sono stati proposti da titolari, dopo che il primo è stato a lungo fermo per un infortunio e il secondo sembra al canto del cigno.
Ma anche Verratti, a tratti è sembrato troppo lezioso e individualista e l’azzurro che ha risentito maggiormente dell’assenza del più Nazionale di tutti, nell’era Mancini: Jorginho.
La dura legge del gol
Elementi passati in sottordine, perché il tema dominante, e a nostro avviso fuorviante, che è stato dibattuto, è stato un altro: la mancanza del centravanti.
I critici pallonari di casa nostra non si smentiscono, è un problema atavico. Il calcio non è materia così strana, eppure nessuno che riesca a spiegarlo secondo l’antica teoria di un certo Menenio Agrippa…
Il problema del gol – secondo il nostro umilissimo parere – non riguarda i terminali, ma la fluidità e lo sviluppo dell’azione stessa.
Focolaio azzurro: un altro film
Tutti temi da affrontare. Però poi, a bocce ferme, si scopre che in ritiro c’era anche l’Imprevedibile. Il Virus che sta segnando quest’epoca. Tutto va rimodulato, perché i calciatori sono uomini, non robot. E allora cambia lo stato d’animo, cambia lo scenario, cambia il regista. E il film che ci viene più facile da accostare, alla più recente esibizione azzurra, diventa American Beauty. Niente è come sembra.
Non si gioca con i numeri
Resta un nostro personale giudizio che vogliamo ribadire. Molti tendono ad analizzare le partite su dati statistici e numerici. Secondo questi, le partite con l’Irlanda di Belfast, Bulgaria e Lituania sono state dominate: la media di possesso palla è stata del 67 per cento; i tiri in porta complessivi 63 contro i 18 concessi; la media di passaggi riusciti sopra l’80 per cento.
Invece il gioco non è sembrato così fluido e convincente come in molte altre circostanze, si sono verificati alcuni corti circuiti, inattese criticità specie con i più ostici del trittico, i nordirlandesi, che l’espressione del viso del ct ha confermato.
La nostra visione del gioco del calcio si ostina a non considerarlo una scienza esatta. Ed è qualcosa che vale per i sistemi di gioco, oggetto di critiche ed elogi, quando in realtà durante la partita mutano spesso e volentieri.
Difendiamo pertanto la nostra interpretazione dal nulla che avanza: il calcio non è una scienza esatta. Lo si scrive spesso anche nelle cronache: “nel miglior momento degli uni, arriva inaspettatamente il vantaggio degli altri”.
Grazie a Dio, aggiungeremmo. A cui rivolgiamo le nostre preghiere, perché mandi sulla terra un nuovo Messia in grado di elidere il noiosissimo “tiki taka”, diventato ormai il Verbo di tutti.