Il 15 aprile del 1071 è una data poco celebrata, relegata ai libri di storia su Bari, ma che ha cambiato per sempre il Mediterraneo e l’Europa. È esattamente oggi che dopo tre anni di assedio, a partire dal 1068, la “capitale” in Italia dell’Impero bizantino (l’attuale capoluogo barese), viene conquistata dai Normanni. Esattamente 950 anni dopo, abbiamo deciso di raccontare un evento storico poco ricordato, ma che ha trasformato per sempre il volto dell’Italia e del nostro continente.
Bari e i Bizantini
«L’era della seconda dominazione bizantina è stato forse il periodo di maggior splendore della città», spiega Vito Ricci, ricercatore indipendente di Storia medievale. «Era la capitale occidentale dell’Impero Romano d’Oriente». In molti dimenticano spesso che “Bizantini” è un termine postumo, che diamo noi ad una realtà politica che invece «era in diretta continuazione storica con l’Impero romano dell’antichità». Dunque spiega lo studioso che «con questo evento tramonta definitivamente la presenza in Italia di quell’entità politica nata a Roma tanto tempo prima. Certo, sentiremo ancora parlare di Impero romano nella penisola. Ci sarà ancora il Sacro Romano Impero, ma è molto più labile il suo rapporto di continuità con l’entità politica che aveva unito il Mediterraneo nell’Antichità».
Una capitale cosmopolita
«In questo periodo Bari è una città cosmopolita- spiega Ricci-. Una realtà in cui convivono Oriente e Occidente e non sempre pacificamente. Ci saranno spargimenti di sangue, esili, scontri. È qui però che nasce l’idea di Bari “porta d’Oriente”, che tutt’oggi perdura».
«Dopo la parentesi longobarda, l’impero riconquista la città nel 876. Il gastaldo longobardo e i cittadini chiedono aiuto ai Bizantini per difendere la città dalle incursioni saracene». Da qui inizia per questa regione un periodo davvero interessante. «C’è un tentativo di convivenza tra le due anime, quella longobarda e quella bizantina, che oltre a scontrarsi, convivono e lasciano i segni di questo crogiuolo culturale fino ad oggi. Si diffonde il culto per San Nicola di Myra, che diventerà talmente forte da portare i baresi in futuro a traslare il suo corpo nella città adriatica. Il Santo è tutt’ora il patrono di Bari. Sono presenti nella città arabi. Vengono fondate Chiese in Puglia dalla comunità degli armeni e dai siriaci, come Sant’Angelo in Syris a Ceglie del Campo».
Cosa resterà dei bizantini?
«Dove adesso sorge la Basilica di San Nicola, c’era il palazzo del Catapano, il governatore bizantino. Intorno alla città sorgono i Choria, piccoli villaggi per coltivare la terra. Alcuni di questi diventeranno le città dell’interland barese, come Modugno», illustra Ricci.
Poi arrivano i Normanni. «Galeotto fu Melo da Bari– continua il ricercatore-, noto per la sua rivolta anti-bizantina in Puglia. Nel 1009 è a capo della insurrezione contro le tasse del Catapano che esplode nella città. È lui che incontra alcuni cavalieri normanni in pellegrinaggio a Monte Sant’Angelo (Foggia), dove sorge il Santuario di San Michele Arcangelo, e li convince a unirsi alla causa anti-bizantina. Questi nuovi protagonisti prenderanno la città con un accordo diplomatico nel 1071. Inizialmente il loro è un governo in continuità con il precedente, ma pian piano Bari diventa sempre più Occidentale e perde quella centralità che aveva guadagnato in epoca bizantina».
«Il periodo bizantino – continua – lascerà tracce nei cognomi di Bari. Carofiglio, cognome del famoso scrittore Gianrico, ha questa origine. Amoruso è un nome nato in questa epoca e in Armeno indica il cambia-valute. Altri esempi sono Episcopo, Calogero, Catapano, Basile. Potete trovare tracce di questa fase storica inoltre nei bassorilievi presenti nel Castello e nella Chiesa di San Giovanni Crisostomo», conclude Ricci.
L’assedio
Il docente di Storia medievale Francesco Violante chiarisce subito un aspetto, quello che portò alla conquista normanna di Bari non fu un vero e proprio assedio: «Avrebbe comportato un enorme dispendio di uomini, macchine e risorse. Si trattò piuttosto di un lungo blocco della città, feroce, fatto di astuzie, e senza esclusione di colpi. Roberto il Guiscardo– che guidava i Normanni-, protetto da una sorta di contro-castello, tentò talvolta di scalare le mura, aprire brecce e sopravanzare i difensori con torri d’assedio. La gran parte delle attività militari consisteva però nel saccheggio e nella devastazione dei campi e delle risorse della città al di fuori delle mura».
La conquista avvenne quindi attraverso la diplomazia: «Guglielmo di Puglia – continua il professore – narra la caduta della città per fame. Ci fu un accordo diplomatico tra Roberto Il Guiscardo e alcuni influenti protagonisti della città, tra i quali spicca Argirizzo».
Le conseguenze politiche per L’Europa e il Mediterraneo
In questa partita anche la Chiesa romana gioca un suo ruolo. «Il pontefice, nel contesto della definitiva frattura con le chiese orientali nel 1054, sostiene e legittima la spedizione normanna», spiega Violante.
La perdita della Puglia dall’altro lato ha gravi conseguenze per i Bizantini: «La conquista della Puglia costituì una spina nel fianco dell’impero. Roberto il Guiscardo e Boemondo attaccheranno a partire dal 1081 l’Epiro, ed è l’occasione, per Venezia, di estendere la propria egemonia (che avrà lunghissima fortuna) sul basso Adriatico fornendo aiuto militare a Costantinopoli. Fino al 1156 l’impero ha sempre coltivato l’obiettivo di tornare in possesso della sponda italica dell’Adriatico meridionale. Una frontiera strategica per difendere l’Epiro e, in profondità, Tessalonica e la stessa Costantinopoli. D’altronde le grandi difficoltà dell’impero romano-orientale in Anatolia e nei Balcani pongono le basi per il casus belli delle prime spedizioni crociate».
In particolare è l’inizio di un processo che porta il Mezzogiorno, fino ad allora frammentato e sotto il controllo di civiltà distanti, definitivamente all’interno della sfera Occidentale. In pochi anni la conquista normanna di Palermo, Amalfi e Salerno, segnano questo fondamentale cambiamento storico, che porterà all’unificazione politica del Mezzogiorno. «Senza dubbio – afferma il docente – siamo in un periodo, la fine dell’XI secolo, di grandissimo rilievo per le questioni geopolitiche in area mediterranea».
La Bari normanna e San Nicola
Le rivolte a Bari contro il nuovo potere si succedono e coinvolgono anche altre città. Per esempio il docente Violante fa riferimento a quelle che tra il 1143 e il 1156 coinvolgono Troia, Siponto, Trani, Lecce e Taranto in occasione di un fallito tentativo di riconquista da parte dell’imperatore Manuele I Comneno. «Dura sarà la repressione del normanno Guglielmo I. Per Bari le conseguenze saranno oltre un decennio di spopolamento e rovina, nel quale emerge soltanto la costruzione della Basilica di San Nicola».
Proprio questa è la più grande testimonianza che lascia a Bari questo periodo storico: «Nel 1087 il duca Ruggero dona a Ursone, arcivescovo di Bari, l’area sulla quale si ergeva il cuore del potere imperiale in Italia meridionale (il palazzo del Catapano), con la possibilità di costruirvi la chiesa di San Nicola. Nell’ottobre 1089, eletto arcivescovo Elia, abate di San Benedetto, le reliquie del Santo vengono poste sotto l’altare della cripta della basilica che si sta edificando, i cui lavori procedono ancora nella prima metà del XII secolo. Si tratta di un’importante costruzione dell’identità cittadina stessa, universalmente riconosciuta nelle fonti cronachistiche e negli itinerari di viaggio».
Persa la centralità politica che aveva dato a Bari l’impero di Costantinopoli, emerge un nuovo elemento su cui rifondare l’importanza della città: «sono ora le reliquie di San Nicola a rendere la città, sotto un aspetto diverso da quello politico, “caput civitatum Apuliae”, come è definita da Lupo Protospatario».
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