Che effetto avrebbe sulle “piccole squadre” una SuperLega europea?
Bel tema, indubbiamente. Passato quasi inosservato, lo Scisma del 2009 ha già decretato di fatto un declassamento del pallone nostrano. Senza troppo clamore. Colpevolmente, aggiungiamo da giornalisti, quel distacco rappresentò un primo evidente segnale da considerare, i ricchi che si toglievano d’impaccio i poveri.
La difesa d’ufficio suona così: è qualcosa di inevitabile, il calcio è costoso sempre di più nella lotta per la supremazia, ma il processo non riguarda solo il calcio, interessa un po’ tutte le grandi industrie e i grandi comparti. Furono stabiliti “accordi di separazione”, il riconoscimento di quegli “alimenti” che non sono stati rispettati e hanno comportato persino un proseguimento in via legale della vertenza.
Era il 2009, badate. Ben lontani dal caos provocato dalla pandemia. I grandi club oggi piangono la mancanza di introiti dal botteghino… Figuratevi cosa accade a cascata, in B e in C, dove l’aspetto professionistico del calcio ha subito, fin dal primo scisma, un drastico e drammatico ridimensionamento.
Le squadre cadette che salgono in A il più delle volte sono costrette a strozzare in gola l’esultanza. Un anno ed è subito retrocessione. Solo una questione tecnica? La nascita per volere divino di una SuperLega europea non c’entra con l’attività nazionale?
C’entra eccome, cari amici. Nel momento in cui tutto il meccanismo è fondato da logiche conseguenze. Ad essere messo in discussione dal vertice è il concetto: “chi vince, cresce”.
Tutto questo dunque ha una doppia valenza. Vista dall’alto, le ricche protagoniste tendevano la mano, a voler dire che non avrebbero abbandonato i campionati nazionali. Dal basso tutto assume connotati diversi. Eventualmente toccherebbe agli organi federali, nazionali e internazionali trovare una soluzione che metta tutti d’accordo. E comunque sarebbe una decisione destinata a creare scontento. A chi dovrebbe toccare l’amarezza maggiore? Ai ricchi o ai diseredati? Noi, imbevuti come siamo di valori romantici, un’idea ce l’abbiamo. Ma così va il mondo, diranno…