«La pazienza ha un limite, Pazienza no». Se al giorno d’oggi pensiamo a un fumettista di talento, riconosciuto da tutti, andiamo subito con il pensiero a Michele Rech, in arte Zerocalcare. Ma se guardiamo agli anni Settanta e Ottanta, quello è sicuramente Andrea Pazienza, Paz per gli amici, unanimemente riconosciuto dai suoi stessi colleghi come il genio creativo che si è spento troppo in fretta. Un genio che non aveva limiti. Che con pennarelli, matite, quaderni a quadri o tavole riusciva a liberare delle storie uniche. E anche se stesso.
La mostra a Palazzo Albergati
Con la pandemia in fase calante e le prime riaperture di mostre e musei, Palazzo Albergati, in via Saragozza a Bologna, ha deciso di dedicare i propri spazi alle tavole del geniale fumettista. Così Zanardi, Pentothal e Pompeo sono tornati fra i portici e le strade della città. Con il loro carico di ansie, di disillusioni e di incomprensioni cucitegli addosso da colui che disegnando le loro vite ha raccontato la propria. Quell’Andrea Pazienza che si è spento troppo in fretta a soli 32 anni. In Fino all’estremo, questo il nome dell’esposizione, sono raccolte oltre 100 opere, tra tavole originali e disegni provenienti dagli archivi del fratello, della sorella e della moglie. La mostra è stata inaugurata il 7 maggio del 2021 e resterà aperta fino al 26 settembre. Ventuno è andato per raccontare com’era il mondo visto da Paz e cosa ha significato per la città.
Pazienza arriva a Bologna
Pazienza, attraverso i suoi personaggi e le sue tavole, ha narrato un’epoca unica nella storia d’Italia e della città di Bologna. Al suo arrivo in città erano ancora forti gli echi della contestazione studentesca del ’68 (sull’argomento leggi anche Il 2021 intervista il 1968). Poi ha attraversato il movimento del ’77 (sull’argomento leggi anche Movimenti giovanili e droga, la storia ignorata troppo a lungo), la bomba alla stazione e poi la fuga.
Nato a San Benedetto del Tronto, ma di sangue foggiano, il 23 maggio di 65 anni fa, l’artista era arrivato in città per iscriversi al Dams. Il corso di Discipline delle arti, musica e spettacolo, che festeggia 50 anni dalla sua nascita avvenuta nel 1971, era divenuto un nuovo spazio di cultura. Era il centro catalizzatore di nuovi artisti e fenomeni culturali, in grado di attirare centinaia di studenti nella città universitaria per eccellenza.
Pazienza si trasferisce nel 1974 ma il legame con essa fatica a decollare per un meridionale della provincia lanciato nel caos della città, tra collettivi studenteschi, lezioni universitarie, file immense. Segue i corsi di Umberto Eco e Gianni Celati, incontra Pier Vittorio Tondelli, Freak Antoni e Francesca Alinovi. E con essi tutta una serie di personaggi che ruotano intorno al mondo della cultura e dell’università bolognese. Non si laureerà mai, mollando a due esami dal titolo. Tuttavia il talento di Pazienza si nutre della città. E anche grazie ad essa, dà il via alla sua rapida e sconvolgente presenza nella storia del fumetto italiano. «La pazienza ha un limite, Pazienza no», amava ripetere una volta divenuto famoso, senza timore di dimostrare presunzione, ben conscio di quanto la sua opera potesse lasciare un segno.
Pompeo e il viaggio a ritroso
L’impatto visivo con la prima sala della mostra non è dei migliori. Le opere sembrano messe a caso, senza alcun ordine logico o cronologico. Ma l’idea dei curatori Stefano Piccoli e Mauro Uzzeo è ben chiara subito dopo la presentazione del percorso. Il racconto visivo di Fino all’estremo è un viaggio a ritroso nella sua vita. Così si intitolava la prima stesura de Gli ultimi giorni di Pompeo, il suo testamento artistico e apice del suo lavoro secondo quanto riconosciuto dalla critica.
Occorre, dunque, «avvolgere il nastro del tempo al contrario, partendo dalla fine e tornando indietro quando ciò che è stato infranto era ancora intatto».
L’eroina e il crollo di Pompeo
Così prende vita la sala dedicata a Pompeo, l’ultimo personaggio simbolo dell’arte di Pazienza, un Pentothal cresciuto, alter ego dell’autore. Così come cresciuti sono i problemi e le ansie che lo affliggono. I disegni a penna e poi con pennarello nero diventano la valvola di sfogo, dei presagi di morte che ha, dell’eroina che è entrata nella sua vita e in quella di Pompeo. E dell’Aids che negli anni ’80 mieteva vittime e che di lì a breve avrebbe ucciso anche il suo amico Tondelli, morto qualche anno più tardi di Pazienza. Le tavole figurano il cammino di una Via Crucis profana del protagonista e sono ricollegate a quella divina dalle rappresentazioni settecentesche di Giandomenico Tiepolo. Una via della croce segnata non solo dagli amori infelici che lo stesso Pazienza stava vivendo ma anche dall’incomprensione da parte della società. E dalla fuga dalla città come unica soluzione per la sopravvivenza.
Uscito a puntate su Alter Alter, a partire dal 1985, la pubblicazione con Milano Libri venne interrotta per «i contrasti legati al timore di raccontare una storia così esplicita e cruda in un momento in cui l’Aids stava esplodendo in Italia». L’opera di Pompeo, la sua fine, è una sorta di presagio su ciò che accadrà a breve. Come se Paz lo avvertisse. Pazienza verrà trovato morto, nella sua casa di Montepulciano, per una overdose causata dall’eroina nella notte tra il 16 e il 17 giugno del 1988.
Zanna il cattivo
Sembra di sentirlo riecheggiare. Uscire dalle tavole del suo deus ex machina oppure dalle scene di Paz!, il film di Renato De Maria del 2002, interpretato da Flavio Pistilli: «Perché il freddo, quello vero, sa essere qui, dentro il mio cuore di sbarbo». È Zanna, all’anagrafe Massimo Zanardi, uno dei personaggi più noti creati da Pazienza, certamente il più cattivo. Nasce nel 1981 sulle pagine di Frigidaire, storica rivista di cultura fondata da Vincenzo Sparagna con Stefano Tamburini e Filippo Scozzari con cui collabora Pazienza. Le penne e i pennarelli di Pazienza disegnano addosso al cattivo Zanardi il tratto distintivo che lo identifica più di qualunque altro personaggio dei comics italiani, al pari di un Corto Maltese o di una Valentina: il naso adunco e il ghigno malefico. Nella mostra sono raccolte le tavole dei primi lavori come Verde matematico o di altri più tardi come Zanardi medievale.
Il ragazzaccio bolognese è accompagnato nelle sue scorribande violente da Petrilli e Colasanti: un trio terribile di pluriripetenti del liceo scientifico Fermi di Bologna. Ragazzi senza alcun valore se non quelli del sesso, della droga e della violenza sui più deboli solo per il gusto di sentirsi superiori. Dei novelli drughi di Arancia meccanica all’italiana tra stupri di gruppo e cocaina.
Siamo negli anni Ottanta, Bologna usciva fuori dal ’77 con le ossa rotte e la bomba alla stazione aveva dato il via al periodo del riflusso. Le piazze non erano più dei movimenti studenteschi, anarchici o comunisti, e i nuovi prototipi borghesi e fascisti mettevano piede nella società. Uscivano fuori dalle periferie come dal centro. Le stanze dedicate a Zanna sono collegate alla realtà dell’epoca, con foto del caso di cronaca del massacro del Circeo, e dell’attualità, con quelle del recente omicidio di Willy Monteiro Duarte a Colleferro.
Pentothal: da graphic novel a graphic journalism
Nel viaggio a ritroso dell’esposizione trova posto poi il lavoro di esordio di Pazienza: Le straordinarie avventure di Pentothal. Si tratta dell’opera che lo ha lanciato fin da subito tra i fumettisti di talento, un punto di incontro tra le «forme di narrazione della graphic novel e del graphic journalism», spiegano i due curatori. Ambientata nel 1977, prima dei giorni di fuoco della contestazione studentesca, la prima parte del fumetto viene elaborata nel mese di febbraio di quello che è l’anno zero della città. Per Bologna c’è un prima e un dopo 1977.
E il dopo andava inevitabilmente riscritto a seguito l’uccisione, da parte di un carabiniere, di Pier Francesco Lorusso. Il giovane era uno studente di medicina, militante di Lotta continua, ucciso da un proiettile all’angolo fra via Mascarella e via Irnerio. A testimoniare i giorni caldi degli scontri con la polizia, dei carri blindati inviati dall’allora ministro dell’Interno Francesco Cossiga (Kossiga per il movimento studentesco), dei roghi e delle vetrine infrante, delle manganellate sotto i portici, delle molotov e delle barricate nella zona universitaria ci sono le foto dell’epoca di Enrico Scuro che fanno da sfondo alle tavole di Paz.
Il finale cambiato
L’11 marzo del ’77, il giorno dell’uccisione di Lorusso, Pazienza aveva già spedito tutto il materiale a Linus, la storica rivista di fumetti italiana. Quando si rende conto che il finale della storia non poteva essere quello che aveva consegnato. Così ridisegna l’ultima pagina e la riconsegna alla rivista con la speranza di non essere già in stampa, riuscendo a inserire l’ultima tavola originale e apporre la parola fine. «Il fumetto impressionava, incuriosiva – spiega Antonio Faeti, saggista e professore all’Accademia di belle arti –. È capace di raccontare una Bildung individuale che però era comune a tanti ragazzi appartenenti a una generazione su cui poco ci si interroga».
C’è un punto in cui Pazienza inserisce una frase attribuita a Che Guevara, ma che in realtà la si ritrova negli scritti di Fidel Castro: «Mai tornare indietro, nemmeno per prendere la rincorsa». La inserisce per invitare a essere rivoluzionari. In ogni atto che si compie, per «ricominciare a combattere e sognare», scrivono i curatori. Pentothal non è un contestatore, è fuori dal movimento, proprio quando il «personale è politico». Ma anche fuori corso all’università, fuori dai rapporti umani e da quelli sessuali con la sua ex ragazza che lo tormenta nelle sue visioni oniriche. È Pazienza in tutto e per tutto, proveniente dal sud Italia nella ricca città del nord per emanciparsi. Così come per studiare nella storica università, laurearsi e trovare un futuro migliore lontano da casa. È la storia di tanti meridionali, la stessa storia che si ripete da decenni, con gli stessi insuccessi e i colpi di genio in grado di cambiare i destini, mentre accanto scorre la vita.
Solo che i geni la raccontano prima.
Fiabeschi e gli altri
La parte finale del percorso è dedicata ai lavori incompiuti di Paz, come Astarte, o a singole tavole come Betta sullo squalo. Si trovano anche il disegno di Lucio Dalla con il sax, una tavola sulla bomba alla stazione di Bologna o alcuni dedicati a Fiabeschi, lo strampalato personaggio interpretato da Max Mazzotta del 2002.
Nella graphic novel di Pazienza il suo ruolo è molto limitato mentre nel film di De Maria il personaggio è diventato assoluto protagonista anche per scene come questa.
Poco prima si attraversa una sala specchiata con la sagoma di Zanardi con una mazza in mano ad accompagnare il visitatore verso l’uscita.
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