Pd e sinistra. Per chi guarda i democratici dal mondo radicale un ossimoro. Per chi invece li descrive dal centro e dalla destra un’accusa, come se il progressismo fosse una macchia da cui emanciparsi se si vuole governare il paese. Cosa che il Pd sembra destinato a fare, sempre centrale negli equilibri politici che conducono alla costruzione di un esecutivo.
«Alla gente interessano le idee, non gli interessa di chi parli male. Spesso chi sta a destra e a sinistra del Pd è troppo concentrato nella costruzione della propria identità, fondandola sulle critiche ai democratici». Marco Furfaro (foto in evidenza) è tra i fondatori di Prossima e tra coloro che pur avendo iniziato a fare politica in una forza a sinistra del Pd (per anni ha militato in Sel di Nichi Vendola) ha deciso poi di aderire al “grande” partito.
«Sì, ma in un periodo preciso. Quando con la segreteria Zingaretti il partito aveva superato una fase di forte chiusura – l’era Renzi – e attraverso la nascita di “Piazza Grande” aveva iniziato a rinnovarsi, ad aprirsi».
Cosa è Prossima?
«È una rete, nata per rispondere alla necessità di riportare la discussione dentro la politica. Un laboratorio di diritti che vuole creare un dialogo tra chi nei partiti c’è già (in particolare nel Pd) e coloro che si impegnano nei movimenti e nel terzo settore. Lo scopo di Prossima è spingere affinché il centrosinistra si innovi e si rinnovi».
Qualcuno vi ha chiamato corrente e ha detto che non è molto di sinistra crearne una…
«Il tema non è se siamo in presenza di una corrente o di una rete o di un’area di idee. In un partito si può essere portatori di idee diverse, rappresentare una propria biografia eterogenea dagli altri. Si discute e ci si confronta con gli elettori, con la base. E dopo aver trovato una sintesi si va avanti rimanendo insieme. Il problema è la degenerazione, quando le correnti non si sa quali idee portano, ma diventano comitati di potere. Così non arricchiscono il dibattito, ma rafforzano i propri interessi di gruppo».
Quindi si possono esprimere politiche di sinistra anche nel Pd?
«Il Pd è un partito di popolo, fatto da milioni di persone. E mi rifiuto di pensare che la sinistra in Italia sia esaurita da quel 3% rappresentato dalle forze che sono al di fuori del Pd. Penso che nel Partito democratico si possa portare avanti una politica progressista».
Come giudica la segreteria di Enrico Letta?
«Positivamente. Prosegue il percorso avviato da Nicola Zingaretti. Sta costruendo un Pd che tiene dritta la barra e non si fa influenzare troppo da giornali e gruppi di potere. Mi è piaciuta la proposta sulla tassa di successione per recuperare risorse a favore dei giovani. Mi sembra che il Pd sia attento ai diritti civili e sociali. Che venga messo in campo un processo partecipativo. Attraverso le agorà democratiche, percorso di confronto avviato dal partito, verrà colmata l’incertezza del Pd su tanti temi: salario minimo, legalizzazione delle droghe leggere e tanti altri contenuti su cui la società è più avanti dei partiti».
Come giudica la vicenda del DDL ZAN?
«La società italiana proprio su questo è sicuramente più avanti della politica. Non si può tollerare che chi vuole essere felice e libero di amare gli altri venga aggredito in base all’orientamento sessuale. Purtroppo questa legge è stata avversata da un lato da una destra che mette in campo le solite teorie antiscientifiche e dall’altro da pezzi di centrosinistra in crisi che hanno pensato di risollevarsi avversando la legge».
Si è sorpreso per la reazione della Chiesa?
«Magari c’è stata un po’ di ingerenza, ma non sono sorpreso. La Chiesa non è solo Papa Francesco, ha tante anime e immagino ci sia al suo interno anche una discussione teologica su questi temi. Il compito della politica però è ascoltare tutti e decidere autonomamente. Spero che le forze di centrosinistra che hanno fatto registrare un arretramento su questo tema, non lo abbiano fatto perché hanno avuto timore delle posizioni della Chiesa».
Matteo Renzi ha lanciato vari segnali al Pd negli ultimi giorni. Chiedendo un allontanamento dai 5Stelle e cercando un riavvicinamento con il suo ex partito. Come lo giudica?
«Il Pd ha il compito di fronteggiare una delle destre più feroci mai viste, quella di Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Schierata contro i diritti sociali e civili. Se si vuole costruire un campo alternativo non lo si può fare con gli attacchi agli alleati e facendo cadere i governi. Il Pd è una grande forza che costruirà sulla base di idee e temi l’alternativa. Questo partito dialoga con un’altra importante realtà come il Movimento 5 stelle. Chi si vorrà riconoscere in questo percorso potrà far parte di una coalizione che vuole opporsi alle destre. Mi pare che i giornalisti tendano a dare a Renzi più importanza di quella che ha in realtà».
Quindi lei traccia un orizzonte giallo-rosso?
«Io ero tra gli scettici quando è nato il secondo governo Conte. Ritenevo che il Pd per tornare al governo dovesse passare dalle urne e non attraverso una manovra parlamentare. Quell’esecutivo però mi ha colpito positivamente, perché ha guardato in modo attento ai più deboli. Dobbiamo ora costruire un campo più largo possibile ed evitare gli errori che hanno portato il Pd al 19%, il dato peggiore dal dopoguerra per i progressisti. Questa alleanza deve coinvolgere l’area di Sinistra e Leu, il Pd e il M5S».
Il suo giudizio sul governo Conte 2 quindi è positivo. Cosa difende di quella esperienza?
«Ha messo in campo politiche che hanno anche indispettito le élite, con il blocco licenziamenti e il reddito universale. Il Pd in quel governo ha mostrato molta più sensibilità verso i deboli rispetto al passato, quando con una segreteria diversa guardava i poveri dall’alto in basso».
Una gaffe del giornalista Marco Travaglio contro il premier Mario Draghi, durante la festa nazionale di Articolo Uno, ha scatenato i critici dell’alleanza giallorossa. La frase del direttore del Fatto Quotidiano è stata additata come la prova che quell’esperienza dovrebbe essere messa da parte, soprattutto dal Pd, che dovrebbe, secondo vari opinionisti, allontanarsi dal populismo e dalla sinistra radicale…
«Premetto che Travaglio è molto lontano da me. Tutti devono poter esprimere opinioni anche veementi e critiche contro chiunque, ma per me i modi e le parole sono importanti. In particolare qui c’era una gaffe perché è stato definito “figlio di papà” un uomo come Draghi, che è rimasto orfano a 15 anni.
Però il modo in cui è stata usata questa gaffe è patetico. Un conto è denunciare una frase spiacevole, un conto è usarla per lanciare accuse contro la forza che ha ospitato il giornalista. Tutte le forze ospitano nelle proprie feste figure importanti e anche avversari politici, che portano la loro cultura, a volte perfino distante da quella degli organizzatori. I liberali che si sono lanciati in questi strali dovrebbero saperlo. Sono discorsi sterili che alle persone non interessano, piacciono a opinionisti con la puzza sotto il naso o politici in cerca di polemica e visibilità. Una scusa per non concentrarsi sul merito delle questioni, sui problemi, sui temi, molto più interessanti di certi dibattiti da carta patinata».
Il governo Draghi le piace?
«È un governo guidato da una persona come Draghi molto autorevole, ma sostenuto anche da forze come la Lega. L’unica cosa che ci tiene insieme a quel partito è stato l’aver risposto ad un richiamo di responsabilità che proveniva dal presidente Sergio Mattarella. Quello che mi piace di più è che, essendoci Draghi, siamo in presenza di un governo europeista, cosa che mette in crisi la Lega sovranista sotto il profilo della coerenza. Inoltre Europa vuol dire anche tutela dei diritti civili. Il nostro compito in questo governo è usare la dialettica per portare in una maggioranza così eterogenea la nostra cultura e la difesa dei diritti sociali».
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