La festa per le strade, i caroselli, i tuffi. L’abbraccio tra Mancini e Vialli, la pastasciutta di Bonucci e il tricolore che spunta da ogni dove. Ma anche i musi lunghi degli inglesi, autoproclamatisi campioni prima ancora di scendere in campo, le medaglie da secondi rifiutate e il broncio del principino George. Impossibile incasellare il trionfo degli Azzurri del calcio in pochi fotogrammi.
Si potrebbe andare di retorica, celebrando la vittoria del collettivo contro la somma degli individui, del Sud contro il Nord, del Mediterraneo contro l’algida corona britannica, dell’umiltà contro la sicumera sbruffona. Per non parlare di Ue contro Brexit, euro contro sterlina, guida a destra contro guida a sinistra. No, lasciamo perdere. Limitiamoci a gioire per una vittoria importante, che per noi mancava dal 1968. E che oggi significa tanto. Anche al di là dell’aspetto meramente sportivo.
Diciamocela tutta: un’esplosione di gioia collettiva ci voleva proprio, dopo oltre un anno di buio, di solitudine, di vitalità trattenuta per affrontare un avversario ben più tosto degli undici di Southgate. Un virus che ci ha tolto le nostre – pur sempre meno – certezze, ci ha disuniti, tenuti lontano l’uno dall’altro per troppo tempo. Ma forse stiamo sbandando nella retorica anche così.
Riavvolgiamo il nastro allora. E ripartiamo da quello che hanno costruito i ragazzi in maglia azzurra in questo mese di Euro 2020 o 2021 (scegliete voi la data che preferite, noi di Ventuno non saremmo imparziali).
Girone A dominato
Un girone superato in scioltezza, con due prestazioni da spellarsi le mani contro Turchia e Svizzera – 3-0 in entrambi i casi – e una vittoria di misura contro il Galles di Gareth Bale, già sicuri del pass per gli ottavi di finale.
Inutile nascondersi, ora si può dire: la certezza di avere una Squadra con la esse maiuscola si è palesata da subito, nonostante le giuste frenate di chi opponeva la debolezza dell’avversario di turno (andate a spiegarlo agli svizzeri che poi hanno eliminato la corazzata Francia, sempre agli ottavi) o la mancanza di controprove nelle partite dove si fa sul serio, anche a livello mentale e di atteggiamento.
I guizzi di Barella, l’ascesa di Locatelli, i ritmi del professor Jorginho. Ma anche le giocate di pregio del trio d’attacco, inizialmente ‘o tir aggir Insigne-Immobile-Berardi. E che dire delle galoppate di Spinazzola, indiscutibilmente miglior uomo sulla fascia di tutta la competizione? Senza contare la solidità della difesa, da Gigio Donnarumma ai due sempreverdi Bonucci-Chiellini (ma quanto hanno ancora da insegnare su quel rettangolo di gioco?).
Verso Wembley
Un po’ di fortuna e tanta sofferenza le abbiamo dovute accettare, soprattutto dalla vittoria ai tempi supplementari contro un’ostica Austria. L’innesto di Verratti e Chiesa (marcia in più), due uomini poi insostituibili, ha portato valore aggiunto a un gruppo dove nessuno era davvero riserva. Con il Belgio, poi, la prima sfida-verità: il sogno si interromperà, dicevano i più freddi, siamo sicuri solo per scaramanzia. Lukaku, Hazard (doppio, anche se alla fine ne abbiamo visto solo uno), De Bruyne. Un’armata destinata a cannoneggiare contro chiunque. Non contro l’Italia di Mancini, che poi è riuscita a domare ai rigori pure la Spagna del Signor Luis Enrique in semifinale. Forse la partita più sofferta, nella quale abbiamo dovuto rispolverare la nostra tradizionale versione ‘arroccata dietro’, al contrario di quanto visto in questo Europeo: difesa alta, palleggi dal basso, in velocità negli spazi che si aprono.
Ultimo atto
Mancava solo il suggello finale, la ciliegina sulla torta da gustare nel tempio del calcio, contro i leoni in maglia bianca che il calcio l’hanno inventato. Convinti maldestramente che il loro pallone stesse tornando a casa (ma “It’s coming home“ è diventato ben presto “It’s coming to Rome“, bontà loro). Fiumi di birra dal mattino, 60mila cuori a Wembley, in stragrande maggioranza a tifare per l’Inghilterra, il gol a freddo che ha messo la coppa sulla strada di Londra. E invece Kane, Sterling &c. hanno fatto poco altro, se non barricarsi in difesa come gli italiani catenacciari della vulgata d’Oltralpe. Facendo salire il palleggio azzurro. La zampata di Bonucci e i rigori neutralizzati da Donnarumma sono già storia.
La festa italiana
L’esultanza di Sergio Mattarella in tribuna (non sarà Pertini ma ieri ci è piaciuto) e la festa dell’Italia gli ultimi momenti di una notte magica. Sollevando una coppa pesante, che ha liberato la giusta esplosione di gioia in tutto il Paese. Sia chiaro, stiamo sempre parlando di sport (a proposito, un plauso a Matteo Berrettini, arresosi dopo quattro set al re di Wimbledon Novak Djokovic, e all’Italbasket approdata alle Olimpiadi). Non basterà certo un campionato europeo per farci diventare fan di Draghi e dell’austerità, né per dimenticare i nostri guai. Ma non c’è bisogno di far confusione. Festeggiamo, noi che sappiamo ancora emozionarci, la nostra Nazionale. Sotto il cielo (azzurro) di un’estate italiana.