Il governo Draghi, a cui fa una netta opposizione, il neo-M5s di Conte («Mi auguro riesca a invertire la rotta, ma il Movimento non ha più credibilità agli occhi dei cittadini»), il futuro, forse con un nuovo partito insieme a Di Battista («Vediamo»). Al telefono con Ventuno c’è la senatrice salentina Barbara Lezzi, espulsa dal gruppo parlamentare del M5s dopo aver votato No alla fiducia a Mario Draghi ma ancora iscritta al M5s. Ex ministra per il Sud nel primo governo Conte («Si parla del Ponte sullo Stretto, ma il Sud avrebbe bisogno di ben altro»), Lezzi oggi siede nel Gruppo Misto.
Pochi giorni fa il sottosegretario all’Economia Claudio Durigon, della Lega, durante un evento elettorale per le Amministrative a Latina, ha proposto di revocare l’intitolazione del parco cittadino a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino per dedicarlo ad Arnaldo Mussolini, fratello del duce. Cosa pensa significhi?
«Premesso che si sarebbe dovuto dimettere già dopo l’inchiesta di Fanpage (‘Follow the money’, video nel quale Durigon, durante una cena, ha rivelato che “Quello che fa le indagini sulla Lega lo abbiamo messo noi”, ndr), un sottosegretario all’Economia non può parlare in quel modo. È osceno che resti al governo e che il presidente del Consiglio non dica niente. La storia ci insegna che la lotta alla mafia è fatta anche di segnali, così come la consapevolezza di cosa sia stato il fascismo. Il suo è un segnale devastante. Il tutto mentre si è discussa – e ancora si dovrà discutere in Senato – una riforma della giustizia tremenda, in cui c’è anche un atto con il quale il Parlamento dovrà decidere le linee guida della procura. Quindi c’è una fortissima intromissione della politica, che secondo il pm Di Matteo ha avviato una resa dei conti nei confronti della magistratura. Tutto il governo dovrebbe imporsi per ottenere le dimissioni».
Sul palco di Latina c’era anche Matteo Salvini, che non ha preso le distanze.
«… e che andava in giro indossando la mascherina con la faccia di Borsellino. Qui si vede tutta l’ipocrisia dell’uomo che veste i panni buoni per tutte le stagioni, a seconda di dove si trova. Quando io ho deciso di rompere con il M5s l’ho fatto anche perché non avrei mai votato la fiducia a un governo in cui c’è Forza Italia, partito fondato anche da un condannato per mafia, Marcello Dell’Utri. Stare al tavolo con loro e concordare le riforme insieme è stato un pessimo segnale secondo me. E Borsellino diceva che i segnali sono importanti».
Lo scorso 17 febbraio lei è stata una dei 15 senatori che hanno votato No alla fiducia al governo Draghi. Scelta per cui poi è stata espulsa dal gruppo parlamentare del M5s. Oggi, dopo alcuni mesi in cui l’abbiamo visto all’opera, come giudica questo governo, definito “dei migliori”?
«Le due riforme più importanti che ha portato avanti finora, il decreto semplificazioni e la riforma della giustizia, vanno in direzione opposta rispetto a quello per cui ho lottato da quando faccio parte del M5s, cioè dal primo V-Day. Del semplificazioni si è parlato molto poco: per esempio c’è una norma che elimina anche i controlli autorizzativi ex post per gli impianti che trattano rifiuti. È una resa, anche perché le mafie commettono reati anche legati alla gestione e al trattamento dei rifiuti. Poi c’è un abbassamento del livello della tutela dell’ambiente: per esempio non si sono volute bloccare le trivellazioni. Tutto quello che è fossile diventa strategico».
Nonostante ci sia un ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani…
«…che in realtà parla di nucleare, trivelle etc. Ha poco a che fare con la transizione ecologica. Però chi guida il governo è Draghi, che di queste riforme è il promotore».
Il giudizio sul governo quindi non mi sembra buono.
«No, anzi non pensavo che sarebbe stato così pessimo. Ho votato contro per la storia di Draghi, un banchiere, per non stare con Forza Italia, per non tornare con la Lega e con Renzi, che hanno tramato nell’ombra e tradito. Ma non credevo che sarebbe arrivato a tanto, cancellando le conquiste del M5s. Basta vedere la riforma della giustizia».
Ora si parla di nuovo addirittura di Ponte sullo Stretto di Messina. Il ministro Giovannini ha annunciato un progetto di fattibilità…
«Non è tanto convinto lui, in realtà. Ed è ancora peggio, perché sta stanziando 50 milioni di euro per un ennesimo studio, dopo che è stato speso quasi un miliardo per niente. Questo governo sta elargendo consulenze a più non posso. Se si farà o no il Ponte non lo so, però ormai se ne riparla senza più una voce dissonante, perché anche il M5s, attraverso il viceministro alle Infrastrutture (il siciliano Cancelleri, ndr) non vede l’ora di costruirlo. Anche lui, risucchiato dalla grande opera, ha cambiato completamente idee…».
Sul reddito di cittadinanza però, per quanto ci sia un vasto fronte – a partire da Renzi, dalla Confindustria e dal centrodestra – che spinge per eliminarlo, Draghi è stato più cauto, arrivando a dire che ne condivide “in pieno il concetto alla base”.
«Ma io non mi fido di Draghi. Nel suo discorso in Parlamento sul Recovery Fund ha detto che bisogna spendere i fondi “con onestà”. Eppure ha presentato una riforma della giustizia che va in tutt’altra direzione, perché dalle deroghe all’improcedibilità lascia fuori corruzione e concussione. Proprio i reati che riguardano i soldi pubblici, oltre a reati che riguardano disastri ambientali. Il processo Ilva, per esempio, estremamente complesso, deve andare in appello (leggi anche Perché il processo Ilva è davvero importante e Bavaro, SI Puglia: «Sentenza Ilva importante, ma siamo fiduciosi che Vendola verrà assolto»). Oltre alle morti sul lavoro, che implicano processi molto complessi. Eppure quei reati sono esclusi dalla deroga. Tornando al reddito di cittadinanza, l’impianto piace a Draghi, ma cosa vuol dire? L’impianto è soprattutto il contrasto alla povertà. Se si vogliono sganciare le politiche attive dal contrasto alla povertà per me non c’è alcun problema, purché si riconosca che quando il presidente dell’Inps dice che i due terzi non sono ricollocabili nella maggior parte stiamo parlando di minori, disabili – anche psichici – e anziani. Che prima del reddito di cittadinanza vivevano sotto la soglia di povertà assoluta».
Il clima generale sembra quello di una restaurazione per smantellare una a una le conquiste ottenute dal M5s, che pure ha pagato un caro prezzo per essere andato al governo. Alla luce di tutto ciò, perché il M5s continua a stare al governo?
«Dovrebbe uscire e andare all’opposizione, una prerogativa di ogni democrazia. Non ha più credibilità agli occhi dei cittadini, se propone di correggere quello che il M5s stesso ha votato. Al di là dei sondaggi, ha preso il 33%. È la prima forza in Parlamento e dovrebbe trainare il governo, invece ha solo quattro ministri. In un governo di tutti si diventa nessuno. Un altro esempio di resa è la questione Ilva: fino al 2022 la proprietà e le decisioni sono in capo ad ArcelorMittal, poi lo Stato diventerà azionista di maggioranza. Perché dare ora 700 milioni che si sarebbero dovuti versare nel 2022? Cose di cui non parla Giorgia Meloni, che in realtà non fa una vera opposizione».
Giuseppe Conte è stato votato dagli iscritti come presidente del M5s. Come lo valuta?
«Non lo posso valutare ancora, vedrò. Mi auguro che riesca a invertire la rotta, ma vedo il M5s che sta divorando se stesso. Anche nelle regioni dove ha avallato il ripristino del trattamento di fine mandato e l’aumento dei vitalizi (in Puglia e nel Lazio, ndr). Il M5s è nato per dare altri segnali» (leggi anche Pasquino: «Conte? Un signore, Mattarella poteva dargli un’altra chance»).
Secondo lei il M5s dovrebbe anche rompere l’alleanza, più teorica che pratica per ora, con il centrosinistra?
«Io sono contraria alle alleanze strutturali. Per me una forza politica deve avere una sua identità e delle priorità su cui non cedere un millimetro. Allearsi per il potere squalifica la politica: alle Amministrative si vedono alleanze pure con Forza Italia».
Lei cosa farà ora? Sceglierà anche in base a come si muoverà il M5s?
«No, io non guardo a come si muoverà il M5s ormai. Mi auguro ci sia una forza politica come il Movimento, che aveva portato anche molte correzioni alle tante storture della politica italiana. Io faccio opposizione a questo governo emendamento per emendamento insieme ai miei colleghi. Sarebbe falso dire che non stiamo pensando ad altro, ma quando sarà il momento ne parleremo».
State pensando di fare un nuovo partito, magari con Alessandro Di Battista e con i parlamentari di L’Alternativa c’è?
«Con loro lavoriamo molto bene, Alessandro poi è sempre un valore aggiunto. Vediamo, ragioneremo» (leggi anche Di Battista: «L’obbedienza agli Usa non è più una virtù. Il neo-M5s? Attendo le proposte politiche» e Maniero (M5s): «È Crimi che va espulso. Draghi riporterà l’austerità»).
Lei è stata ministra per il Sud, che Ventuno ha molto a cuore. Come lo vede adesso il Sud?
«È stato molto penalizzato già nel Recovery Fund. La ministra Carfagna si è interessata alle procure del Sud, che secondo lei lavorano meno (e non è vero), invece che agli investimenti, alle infrastrutture o a come contenere la dispersione scolastica. Si parla del Ponte sullo Stretto, ma il Sud avrebbe bisogno di ben altro. Avevo proposto l’Alta velocità per collegare i porti tra di loro: Gioia Tauro, Salerno, Taranto… La difficoltà maggiore è raggiungerci tra di noi, abbiamo enormi problemi di trasporto. Mi dispiace molto che il Sud resti un bacino elettorale per feudatari, che si fanno eleggere pure dal Nord. Salvini compreso (è stato eletto in Calabria, ndr). Il Paese non può ripartire se un terzo di esso è fermo».
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