Torna la Serie A: Juve favorita, ma…
La Serie A 2021-22, che comincerà sabato 21 agosto con gli anticipi Inter-Sampdoria e Verona-Sassuolo, si preannuncia come la più equilibrata almeno da una decina d’anni a questa parte. Forse proprio dal 2011-12 (campionato che vide duellare fino all’ultimo Juve e Milan) la nostra massima serie calcistica non si presentava ai nastri di partenza così incerta e per questo interessante, con tutte le posizioni di partenza (sì, anche il primo posto) pienamente contendibili. Tantissimi sono gli spunti: dall’eredità del trionfale Euro 2021 e del magistrale lavoro di Mancini fino alla definitiva (?) conferma delle Sette Sorelle, passando per il ritorno di tanti tecnici illustri come Allegri, Mourinho, Spalletti e Sarri, tanto da spingere più di qualcuno a parlare di “campionato degli allenatori”. E poi, dopo un anno e mezzo a porte chiuse o quasi, finalmente il pubblico potrà tornare sugli spalti, al 50% della capienza (e con Green pass). Perciò Ventuno nella sua ‘guida al campionato‘ ha voluto stilare – senza pretesa di fare centro, l’equilibrio rende assai difficili i pronostici più di quanto già non lo siano ad agosto – una sorta di griglia da pole position. In cui qualche sorpresa non può mancare.
In pole? Sempre la Juventus, ma…
Vero, l’equilibrio al vertice sembra d’acciaio, ma sarebbe difficile non consegnare i galloni da favorita alla Juve. Sebbene i bianconeri siano reduci da un non esaltante quarto posto, la ‘restaurazione’ dopo le sbornie ‘giochiste’ di Sarri e Pirlo rappresentata dal ritorno in panchina di Allegri sembra una garanzia, quantomeno in Italia (sì, la Champions non sarà un’ossessione, almeno quest’anno). Il tecnico labronico quando ha a disposizione una squadra per vincere raramente sbaglia e la Juve è ben attrezzata. L’entusiasmo rinnovato post-Europeo di Bonucci, Chiellini e Bernardeschi, l’arrivo di Locatelli per sistemare l’anello debole del centrocampo, certezze come Dybala, Cuadrado, De Ligt, Morata e specialmente Chiesa. Difficile trovare di meglio. Certo, le incognite non mancano. A partire da Cristiano Ronaldo: sia che resti (gli anni passano anche per lui e Allegri non lo adora) che nell’ipotesi remota che se ne vada tra qualche giorno (sostituti da 30 gol a stagione se ne vedono pochi in giro). Juve favorita quindi, ma solo di mezza spanna (in passato era una voragine) sulla concorrenza.
Atalanta, è finalmente l’anno buono per un trofeo?
In corsia di sorpasso, pronta a sfruttare qualsiasi balbettio bianconero, c’è lei, la Dea. Riusciranno finalmente i Gasperini Boys a sublimare il loro bellissimo ciclo iniziato nel 2016 con un trofeo? Magari la Serie A, il più importante? Non lo riteniamo affatto impossibile. Anzi. Di fronte ad una concorrenza sulla carta rafforzata ma reduce da cambiamenti importanti, l’Atalanta è rimasta fedele a se stessa. Big quasi totalmente confermati, pochi innesti mirati e con margini di miglioramento (su tutti Demiral) e il medesimo impianto di gioco da far girare la testa (“peggio che andare dal dentista”, sentenziò Pep Guardiola con una frase entrata negli annali) la pongono su piani altissimi. Le incognite? La Champions ruberà energie, i ‘soliti’ limiti di continuità contro le piccole (un campionato si vince ormai con una novantina di punti e i passi falsi vanno ridotti all’osso) e qualche scricchiolio emerso dopo la rottura col Papu Gomez. Per la Dea ora o mai più.
Milanesi in seconda fila, col Centro-Sud in agguato
Non ci siamo dimenticati della squadra campione in carica, l’Inter. Dopo l’addio di Conte e le cessioni di Lukaku e Hakimi qualcuno la posiziona addirittura fuori dalla zona Champions, ma l’ossatura nerazzurra è rimasta forte. Marotta ha tamponato alla meno peggio lo psicodramma degli Zhang, ingaggiando Simone Inzaghi (tecnico non agli antipodi con Conte) e Dzeko (è esperto e conosce il nostro calcio, per la lungimiranza passare altrove). Vincere sarà dura, competere per i primi quattro posti meno. E il Milan? Come l’Atalanta, ha cambiato poco e potrà trarne vantaggio, quantomeno all’inizio. E Maldini ha lavorato con coerenza sul mercato. Però la sensazione è che, al di là dell’addio di Donnarumma e del punto interrogativo sulla salute del quasi quarantenne Ibra, ai rossoneri serva alzare l’asticella per lottare ancora in zona Champions. Se arrivasse negli ultimi giorni un trequartista che faccia la differenza…
In terza fila ecco Napoli e Roma. Griglia pienamente teorica, va ricordato, visto che sulla carta azzurri e giallorossi sembrano avere poco da invidiare alle battistrada. Un ruolo fondamentale sarà giocato dagli allenatori. Spalletti è sinonimo di garanzia (ha portato in Champions Udinese, Roma e Inter), forse il tecnico più adeguato per far rendere una squadra per nulla rafforzata dal mercato ma con un potenziale notevole. E lo stesso vale per Mourinho a Roma. Gia, Mou. Nonostante negli ultimi 10 anni tra Spagna e Inghilterra il tecnico portoghese abbia vinto non poco (eccetto che col Tottenham, esonerato alla vigilia della finale di Coppa di Lega), i fasti del passato paiono sbiaditi. Ma se Mou troverà la giusta alchimia con l’ambiente romano e la presa ‘magnetica’ sui suoi giovani giocatori come ai tempi del Triplete con l’Inter, imitare il cammino di Capello di 20 anni fa non sarà utopia. E la Lazio? Vero che è arrivato Sarri, piaccia o no un’altra eccellenza del calcio italiano, ma proprio le importanti differenze nel gioco che il gruppo biancoceleste (peraltro poco rafforzato dal mercato, al netto di Pedro) dovrà digerire rapidamente ci inducono ad assegnarla subito dietro alle altre Sorelle. Lotito però è tutt’altro che un mangia allenatori (appena 9 in 17 anni di presidenza) e in prospettiva, se il Sarrismo si insedierà, la Lazio potrà far male.
E le altre? La pancia della classifica…
L’equilibrio variegato della Serie A 2021-22 abbraccia anche le altre 13 contendenti. Accanto alla Lazio, completiamo la quarta fila col Sassuolo, già ottavo lo scorso campionato. L’addio di De Zerbi rischia di essere pesante, ma Dionisi è un sostituto dello stesso spartito. Ed eccetto Locatelli, i big (Boga, Berardi, Raspadori…) sono rimasti. L’Europa non è affatto un miraggio. Suscita curiosità la Fiorentina di Italiano, tecnico che nella sua breve carriera di allenatore ha scalato di vittoria in vittoria tutte le categorie dalla D alla A. Sarà così anche con una Viola reduce da anni duri? Se restasse Vlahovic… Paiono solide Udinese, Cagliari, Sampdoria e Torino, accomunate da squadre muscolari (ma non eccezionali) e tecnici assai rodati (i confermati Gotti e Semplici per friulani e sardi, i nuovi D’Aversa e Juric per doriani e granata). Difficile che dal Sassuolo in giù qualcuna di queste possa insidiare le Sette Sorelle in classifica a fine campionato, ma ogni giornata le big dovranno sudarsela.
… e la zona rossa…
Non è mai bello indicare le candidate principali per non retrocedere nel buco nero della Serie B, ma il nostro gioco va completato. E le neopromosse Salernitana (ultima volta in A nel 1999) ed Empoli (addio alla massima serie nel 2019, anche allora come oggi c’era Andreazzoli in panchina) sulla carta sembrano leggere, migliorate nel ‘peso’ (offensivo, in questo caso) degli arrivi last minute dei bomber Simy e Cutrone. Anche l’ultima neopromossa, il Venezia tornato in A dopo un ventennio, con tutti i suoi giovani nordici è infarcito di incognite (e di entusiasmo), ma siccome è statisticamente difficile che le tutte squadre che salgono in A poi scendano subito a braccetto, inseriamo lo Spezia di Thiago Motta nell’ultimo slot delle papabili alla B. Patron Platek ha scommesso sul tecnico italo-brasiliano per il suo profilo simile nel gioco a quello di Italiano, ma il rinnovamento della rosa è stato totale e sarà difficile replicarne la classifica.
Infine gli ultimi tre posti. Accanto al Torino mettiamo il Bologna, con il suo interessante progetto giovani (ma occhio ad Arnautovic) non ancora definitivamente decollato. E il pre-campionato (vedi la cinquina presa in Coppa Italia dalla Ternana) non è stato incoraggiante. Poi le posizioni numero 15 e 16, occupate da Verona e Genoa. Da un lato, in riva all’Adige, pochi cambiamenti e la difficoltà di raccogliere l’eredità di Juric, affidata ad un Di Francesco a caccia di rivincite; dall’altro, in casa Grifone, la rassicurante presenza di Ballardini, ‘inquinata’ dalla solita rivoluzione estiva di Preziosi che costringerà tutti a partire da zero.