San Nicola di Bari, un patrono inclusivo: dal culto a Myra a Babbo Natale
Babbo Natale non abita in Lapponia, la sua immagine e la sua leggenda nasce attraverso la trasformazione pop di San Nicola, le cui spoglie sono custodite a Bari, e la cui storia e importanza non potrebbe certo essere sintetizzata solo da questa metamorfosi moderna. Oggi il capoluogo pugliese è in festa per celebrare questo Santo vissuto tra terzo e quarto secolo. Il San Nicola vescovo di Myra, attuale Demre in Turchia, poi divenuto San Nicola di Bari, è diventato un elemento identificativo della cultura barese, senza perdere la sua connotazione di figura capace di unire civiltà diverse. Per raccontare la storia di San Nicola e della diffusione del suo culto, di come il vescovo di Myra abbia saputo parlare a popoli diversi in epoche anche lontane, abbiamo intervistato la professoressa Ada Campione (foto sotto), docente di Agiografia e di Storia della chiesa antica nell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro.
Tutti ricordiamo la Traslazione del Santo di Myra a Bari. Cioè l’impresa di 62 marinai baresi che da Myra portarono nella città pugliese le reliquie di San Nicola nel 1087. Cosa spinge i baresi a compiere questa storica impresa?
«È un periodo storico complesso. La città è attraversata da una importante frattura. Da poco si è conclusa la Seconda dominazione bizantina, un periodo di grande importanza per Bari capitale del Catapanato* bizantino d’Italia che si estendeva in linea di massima nell’Italia meridionale. È iniziata da poco la dominazione normanna ma in città c’è ancora una forte fazione legata ai Bizantini (per approfondire leggi anche l’articolo sull’anniversario della conquista normanna di Bari). Bisogna ricucire il tessuto sociale di una comunità in cui convivono tante etnie. Nel 1054 si è consumato poi lo scisma tra Chiesa d’Oriente e Chiesa d’Occidente. La traslazione è dunque anche il tentativo di ricucire la frattura, mai rimarginata, tra Chiesa latina e orientale. Inoltre, sullo sfondo, c’è anche una finalità strategica: la rivalità con Venezia per il predominio commerciale lungo il mare Adriatico. All’epoca anche la presenza di reliquie importanti rafforzava politicamente una città e poteva rendere più attrattivo per i commerci un porto».
* Il Catapano era nell’amministrazione bizantina il governatore di una provincia
Perché questi marinai decisero di traslare proprio la reliquia del Santo di Myra?
«Spesso ci si dimentica che a Bari San Nicola era già oggetto di culto. Sappiamo dai documenti che ben sette chiese dedicate al Santo erano già presenti nel territorio di Bari. Di alcune, allo stato attuale, si ignora l’ubicazione. E non deve sorprendere questo culto. In tutta la Puglia durante la seconda dominazione bizantina si diffondono culti di provenienza orientale. È il caso, per esempio, di San Michele, il cui culto arriva sul Gargano, da Costantinopoli».
L’impresa barese ebbe un’eco “mediatica” ragguardevole…
«L’eco “mediatica” fu straordinaria! La traslazione avvenne nel 1087. Già nel 1088 erano state scritte da Giovanni Arcidiacono e da Niceforo di Bari due racconti della traslazione. Un vero e proprio caso in così poco tempo a cui bisogna aggiungere l’importanza che l’evento ha avuto in tutta Europa. Abbiamo l’Anonimo russo o Leggenda di Kiev che dà una versione differente rispetto a quelle già menzionate raccontando di una collaborazione e non di uno scontro tra i Baresi e i monaci di Myra custodi delle reliquie. Abbiamo il racconto dell’Anonimo franco-gerosolimitano o Compilatore franco, di Roberto Monaco del monastero di Bec e di scrittori di cronache dell’epoca. L’evento è rappresentato in alcune icone bizantine e russe tra le scene della vita del Santo a chiusura del ciclo. Negli anni seguenti ben quaranta città europee festeggeranno l’anniversario della traslazione».
Perché tanta importanza?
«Bisogna guardare al contesto storico. Da una parte le reliquie erano state messe in salvo dopo la conquista dei Turchi; dall’altra ha avuto una importanza particolare questa impresa per la Chiesa latina, nel suo rapporto con la Chiesa d’Oriente. Scrive Giovanni Arcidiacono che la traslazione è un evento importante per i “cristiani d’Europa”. Il riferimento all’Europa in quel periodo storico ha un significato particolare, chiaramente legato a quella parte del mondo che si riconosceva nella Chiesa di Roma, cioè al mondo cattolico».
Da quell’evento scaturisce un legame tra Santo e città che sembra oggi inscindibile…
«L’identificazione tra Bari e San Nicola avviene quasi subito. Solo settant’anni dopo la traslazione l’ebreo spagnolo Beniamino ben Yonah da Toledo in un documento del 1159 definisce la città di Bari “Colo (= Nicola) di Bari”. Spesso poi i cronisti definiscono Bari Porto di San Nicola (Portu Sancti Nicolai)».
Che caratteristiche ha San Nicola che possiamo rintracciare nel carattere dei baresi?
«San Nicola è un pragmatico, come i baresi. Un uomo del fare. Uno che non sta troppo a ragionare intorno al sesso degli angeli. Sappiamo che partecipò al concilio di Nicea (325) che condannò l’arianesimo come eresia. La tradizione crea la leggenda dello schiaffo del Santo all’eretico Ario. Ecco l’aspetto di uomo concreto, che non perde tempo. Inoltre San Nicola, regalando di nascosto tre borse di monete, salva tre fanciulle dal piano scellerato del padre che voleva farle prostituire non avendo denaro per la dote. Salva dal boia tre condannati a morte che erano in realtà innocenti. È un uomo attento alle ingiustizie, pronto ad intervenire in favore degli ultimi, oggi diremmo dei marginali».
Inoltre Bari è una città di accoglienza come ha dimostrato nel 1991, quando nel suo porto è approdata la nave Vlora con migliaia di migranti albanesi…
«E San Nicola è un Santo inclusivo. Oltre ad essere patrono dei pellegrini e dei viaggiatori, è un protettore dei forestieri: lungo il cammino di Santiago di Compostela nascono tanti ospizi e ospedali dedicati al Santo e diventa patrono degli stranieri che si erano stabiliti nei nuovi borghi sorti lungo la via Francigena. Addirittura nella Cattedrale di Santiago di Compostela la prima cappella che incontravano i pellegrini, dopo aver oltrepassato la Porta Francigena, era dedicata a San Nicola: qui c’era un sacerdote lenguajero (che conosceva le lingue) che confessava e distribuiva la comunione ai pellegrini, e quindi ascoltava genti provenienti da diverse parti del mondo. È un Santo trasversale che salva, secondo la leggenda, anche i marinai musulmani: Neofita il Cipriota in un Encomio del XII secolo racconta che un ambasciatore del Califfo portava con sé l’immagine di San Nicola.
Nel Nord Europa assume una importanza fondamentale quando nasce la Lega anseatica. Una entità sovranazionale definita da Cioffari una sorta di “anticipazione del Mercato comune europeo”. Univa le città dedite ai commerci che si trovavano sui fiumi e sulle coste del Nord Europa. Sono fiorite nelle piazze principali e nelle piazze dei mercati di queste città chiese dedicate a San Nicola, cui veniva riconosciuto il patronato sui mari, sui fiumi e sul commercio. Su questa base alcuni studiosi tedeschi hanno parlato di Europa nicolaiana, sottolineando la forza unificatrice di questo culto. Né va dimenticato che il culto di San Nicola è molto diffuso tra gli ortodossi. Nella Basilica di San Nicola a Bari è presente una cappella in cui è possibile celebrare il rito ortodosso».
Eppure proprio nel Novecento viene declassato il culto di San Nicola dalla Chiesa Cattolica…
«Nel 1969 la Riforma del calendario liturgico retrocede la festa di San Nicola da memoria liturgica obbligatoria a facoltativa, come dire dalla serie A alla serie B. Questo perché i Bollandisti, cioè gesuiti che si occupano delle ricerche agiografiche*, mettono in dubbio l’esistenza stessa di San Nicola, perché tra il IV secolo, epoca della morte del Santo, e l’VIII secolo, epoca della composizione della prima Vita ad opera di Michele Archimandrita non vi erano testimonianze sul culto. Grazie alle ricerche in primis di Gerardo Cioffari e al suo volume del 1987 “San Nicola nella critica storica”, nel dicembre del 2017 la Conferenza Episcopale Italiana ha deciso di riportare la memoria liturgica di San Nicola da facoltativa a obbligatoria. È stata ridata anche sul calendario liturgico la giusta importanza al Santo».
* L’Agiografia si occupa della letteratura sulla vita dei santi
Come nasce invece dal vescovo di Myra l’immagine di Babbo Natale?
«Nella tradizione di numerose città dell’Italia settentrionale e dell’Europa già in pieno Medioevo San Nicola portava i regali la notte tra il 5 e il 6 dicembre. Sono vari gli elementi che nei secoli contribuiscono a questa evoluzione di San Nicola in Santa Claus (evoluzione di Sanctus Nicolaus). Prima di tutto l’episodio del regalo alle fanciulle di cui abbiamo già parlato. In secondo luogo il miracolo dei bambini uccisi dall’oste e resuscitati dal Santo grazie al quale San Nicola diventa protettore dei bambini prima e degli studenti poi. Nell’iconografia viene dunque rappresentato in groppa ad un asino e accanto a lui c’è spesso un aiutante di colore, che poi, con Babbo Natale, diventerà un elfo. Non ci dobbiamo dimenticare che la festa di San Nicola è il 6 dicembre, quindi nel periodo dell’Avvento, vicina al Natale. Questi elementi si evolvono e vengono poi definitivamente codificati nel 1931 da una campagna pubblicitaria della Coca Cola, che rappresenta il Babbo Natale che tutti conosciamo, nel suo vestito rosso, bordato di pelliccia bianca, con la slitta e le renne».
Potremmo dire che Bari è quindi la vera città di Babbo Natale?
«Sarebbe riduttivo perché la trasformazione pop in Santa Claus stigmatizza solo uno dei tanti aspetti che riguardano San Nicola, che invece è molto più di questo. A Myra, in Turchia, patria di San Nicola, c’è in una piazza centrale un cartello che avverte che quella città è la patria di Babbo Natale (Melchiorre). Mi sembra però un po’ fuorviante. Possiamo però dire che in Babbo Natale ci sarà sempre un po’ di San Nicola e questo ci riempie d’orgoglio come baresi, visto che Santa Claus è ormai un simbolo globale, conosciuto in tutto il mondo»
È favorevole al progetto della grande statua dedicata a San Nicola che qualcuno ha proposto di erigere sulla costa di Bari?
«Non entro nel merito dei problemi ambientali o paesaggisti che il progetto comporterebbe, ritengo che una statua per celebrare San Nicola non sarebbe un’opera sbagliata. Sappiamo che anche la Torre Eiffel fu osteggiata all’epoca e oggi è il simbolo di Parigi e della Francia nel mondo. La statua, eventualmente ridimensionata nelle misure e nell’impatto, continuerebbe un discorso iniziato tanto tempo fa: riappropriamoci come città di San Nicola anche come simbolo di inclusione, di accoglienza, di attenzione agli ultimi. Un simbolo che nei secoli, ci ha reso famosi in tutto il mondo».
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