Aborto, a che punto è l’America Latina?
Argentina, primo anno
È passato un anno dall’approvazione della legge sull’aborto in Argentina. Una conquista di civiltà ottenuta grazie alle mobilitazioni dei movimenti femministi, a partire dalle migliaia di pañuelos verdi (i fazzoletti assurti a simbolo della lotta pro aborto in Argentina). Ecco, a un anno dalla prima legge sull’interruzione di gravidanza legale, garantita fino alla 14esima settimana e senza vincoli di sorta, sono ufficiali le prime cifre relative all’aborto legale nel Paese sudamericano.
Come comunicato dal ministero della Salute argentino, nel corso del 2021 sono state 32.758 le interruzioni legali di gravidanza praticate negli ospedali e nei centri pubblici dedicati. Non solo. Sono state registrate 19mila consulenze attraverso la linea telefonica Salud Sexual: un numero che in dodici mesi ha superato le chiamate totalizzate nei dieci anni precedenti.
Questi i numeri del primo anno di aborto in Argentina, finalmente sicuro, gratuito e legale. Un diritto che sembrava poter vedere la luce due anni prima, se non fosse stato bloccato in Senato sotto la presidenza del conservatore Mauricio Macri. Fino a un anno fa, in Argentina si applicava una legge del 1921 che escludeva dalla punibilità solo i casi di violenza sessuale e rischio per la vita della madre, peraltro ben poco applicati.
Cuba pioniera
Ma oltre all’Argentina, qual è la situazione dell’aborto in America Latina?
Innanzitutto va detto che pochi stati latinoamericani prevedono una legislazione avanzata in tema di interruzione di gravidanza. In particolare: Cuba, Uruguay, Guyana e alcuni stati messicani. Per il resto, c’è ancora molta strada da fare. In particolare in Centroamerica, dove vigono le regole più restrittive sul tema. Ma qualcosa, tutto sommato, si muove.
In Brasile l’aborto è legale solo in tre situazioni: stupro, rischio di vita per la donna incinta e grave malformazione del feto. In ogni caso, l’intervento deve avvenire entro 22 settimane. Situazione simile in Bolivia, che contempla anche l’incesto e la tenera età della donna incinta. Ma per abortire serve comunque il consenso del giudice, non bastando la libera scelta della donna. Si può abortire anche in Venezuela ma solo in casi eccezionali, nonostante la forte cultura femminista del paese bolivariano, dove la Costituzione è declinata anche al femminile e dove l’auto-organizzazione delle donne garantisce interventi in sicurezza.
Piccoli passi avanti
Proprio in questi giorni è approdata in Parlamento la discussione sull’aborto in Ecuador, che dovrebbe consentire l’interruzione di gravidanza in caso di stupro fino a 28 settimane e per donne maggiori di 18 anni. Senza termini, invece, per minorenni e diversamente abili. Questa è la richiesta della Commissione di giustizia dell’Assemblea nazionale ecuadoriana.
Nel caso del Messico, la legislazione varia a livello federale. In tutto il Paese l’aborto è legale in caso di stupro. Ma solo alcuni stati consentono l’aborto fino alla 12esima settimana: Città del Messico, Oaxaca, Baja California, Colima, Hidalgo e Veracruz. Lo scorso settembre, inoltre, la Corte suprema di giustizia del Messico ha ordinato allo stato di Coahuila di modificare il proprio codice penale, che punisce l’aborto volontario con la reclusione da uno a tre anni, ritenendolo incostituzionale.
Progressi cileni
In Cile, il 30 novembre la Camera bassa ha respinto un disegno di legge che estendeva l’interruzione legale di gravidanza fino alla 14esima settimana. Potrà essere ripresentato a un anno di distanza. I movimenti femministi però sono riusciti a ottenere una vittoria storica, raccogliendo oltre 15mila firme per l’iniziativa di legge popolare “Sarà legge”, che potrà essere trattata nell’Assemblea Costituente che redigerà la nuova Costituzione (da approvare poi con un referendum). Un obiettivo importante per uno dei pilastri fondamentali dell’estallido social cileno: i diritti delle donne.
Dal 2006 in Colombia si può abortire in caso di stupro, malformazione del feto incompatibile con la vita o rischio per la salute fisica o mentale della donna. Si attendono però novità dalla Corte costituzionale, che potrebbe depenalizzare l’aborto: doveva pronunciarsi lo scorso novembre ma è ferma in attesa di decidere se uno dei nove giudici potrà partecipare o meno alla discussione.
Centroamerica, maglia nera
In Centroamerica l’aborto è sempre illegale, anche in caso di stupro o rischio di vita per la madre. Da Haiti alla Repubblica Dominicana, passando per il Nicaragua. In Honduras, nel gennaio 2021 una riforma costituzionale ha ulteriormente inasprito il divieto di abortire: si vedrà se con la neoeletta presidente Xiomara Castro cambierà qualcosa.
Nell’ottobre 2021, l’Assemblea legislativa di El Salvador ha respinto la richiesta di depenalizzare l’aborto in caso di rischio per la vita della donna. Qui una donna che abortisce viene condannata a 30 anni di reclusione per omicidio aggravato. Anche se da dicembre a oggi (l’ultima proprio nei giorni scorsi) sono state rilasciate quattro donne condannate per aver abortito. Timidi segnali di cambiamento?
Non resta che monitorare la situazione su un tema che sconta la forte influenza della Chiesa e delle comunità religiose. Ma il movimento femminista latinoamericano ha il vento in poppa per conquistare altre vittorie storiche sul fronte dei diritti.
Leggi anche Cile, la vittoria di Boric è un’altra tappa verso il riscatto dell’America Latina
Leggi anche «L’America Latina? Una speranza»