Claudio Lolli, grande cantautore bolognese, oggi avrebbe compiuto 72 anni. La sua voce si è spenta invece nel 2018. È noto ai più per l’impegno politico e sociale dei suoi testi e della sua persona. Denominato e ricordato come il “cantautore dell’angoscia” per l’espressività della sua poesia, per la melodia delle sue canzoni e per la sua voce calma, avvolgente. È complicato raccontare la carriera artistica di una personalità come quella di Lolli, ed è ancora più difficile analizzarne in maniera completa il significato dei testi. La sua carriera conta 24 album, raccolte, live, studio e tante collaborazioni tra cui Marco Rovelli, Emilio Locurcio, Paolo Capodacqua, Lucio Dalla e tanti altri.
Partiamo dall’appellativo “cantautore dell’angoscia”, che in verità non gli si addice molto. Nei suoi primi lavori in studio (tra cui il suo album d’esordio “Aspettando Godot”) emergono effettivamente, prima di ogni altra cosa, i sentimenti dell’angoscia, della malinconia, del pessimismo. Però questi non esauriscono in maniera completa il messaggio che egli voleva comunicare. Se si ascolta con attenzione, Lolli ha sempre cantato la “gioia collettiva” e ciò emerge soprattutto nel suo album capolavoro “Ho visto anche degli zingari felici”, per dirla con le parole di Marco Rovelli autore del libro: “Siamo noi a far ricca la terra: Romanzo di Claudio Lolli e dei suoi mondi”.
Per questo abbiamo scelto di raccontarlo attraverso cinque canzoni, che fanno emergere proprio questo aspetto, emancipandolo dall’etichetta malinconico-pessimista. Lui stesso non amava quella definizione, come disse in un’intervista del 2017: “(…) lo hanno detto fin dal primo comunicato dell’ufficio stampa, che ero il cantore dell’angoscia. Ma quanto si sono sbagliati. Il nero non era il mio colore. Io per tutta la vita ho puntato sul rosso”.
1. Quelli come noi – Aspettando Godot (1972)
In un album come “Aspettando Godot”, “Quelli come noi” dà una tonalità diversa al concept esistenzialista, angosciante e cupo di questo suo primo lavoro. Claudio si pone dalla parte degli ultimi, dei timidi, di quelli che potrebbero cambiare il mondo se solo trovassero il coraggio.
2. Io ti racconto – Un uomo in crisi. Canzoni di morte. Canzoni di vita (1973)
“Io ti racconto” contribuisce nel dare un’immagine chiara e diretta del mondo. Il verde del pianeta viene inglobato nel grigio del cemento e la vita ne assume quel tono. Lolli va subito al nocciolo della questione: dobbiamo cambiare le nostre abitudini, anche se siamo già morti, dobbiamo invertire la rotta di questa nave che si sta perdendo tra i fumi tossici delle fabbriche. Tempi scanditi, niente più amore, niente più arte, un’analisi completa del sistema capitalista.
3. Ho visto anche degli zingari felici – Ho visto anche degli zingari felici (1976)
L’inno di una generazione, l’album perfetto, lode alla gioia, al rosso delle bandiere e del vino, lode agli zingari, agli indiani, ai rizomi. Società diverse che riempiono le strade di sogni, di amori, di canzoni e un mondo diverso è a portata di dita. Ma i sogni lasciano posto alla triste realtà dei palazzi. Album del 1976, di li a poco tutto sarebbe cambiato e non saremmo più tornati indietro.
4. Canzone scritta su un muro – Disoccupate le strade dai sogni (1977)
Anno 1977. Francesco Lorusso è morto, gli indiani metropolitani stanno abbandonando le strade e il regime della tensione ha vinto, ma Lolli non si arrende. Ecco Lolli che esce dalla EMI e dà vita a un capolavoro sperimentale in direzione ostinata e contraria al sistema dell’industria musicale. “Canzone scritta su un muro” è l’ultimo invito a un sogno che vivrà per sempre.
5. Folkstudio – Dalla parte del torto (2000)
Le piccole realtà musicali stanno morendo ma la speranza è ricorrente. L’area di festa non è mai morta e c’è chi ne porta il fardello. Il folkstudio, un luogo che ha dato spazio ai migliori artisti di una generazione, chiude ora i battenti ma quel suo linguaggio di “contropotere” non si è perso e la sua eredità verrà colta da chi saprà ascoltare. Questo augurio varrà per Claudio Lolli, il cantautore vestito di rosso.