Un massacro continuo
La Colombia, nonostante sia ricca di risorse naturali e abitata da gente amabile, è un paese tra i più disuguali e violenti al mondo contro la volontà dell’immensa maggioranza del suo popolo. Secondo l’Instituto de Estudios para el Desarrollo y la Paz, Indepaz, nel 2020 vi sono stati 91 massacri con 381 vittime. Nel 2021 i massacri sono stati 96 con 338 vittime. Nel 2022 all’inizio di marzo i massacri sono già 20 con 58 vittime, circa una vittima al giorno.
I massacri, quindi, in Colombia sono continui, almeno fino ad ora. Inoltre la Jep (Jurisdicción Especial para la Paz) ha provato l’inesistenza di un piano del governo per prevenire la violenza dei gruppi paramilitari e ha ordinato che la Commissione Nazionale di Garanzia della Sicurezza (Cngs) adotti dei provvedimenti per sciogliere le organizzazioni criminali che assassinano ex guerriglieri e leader sociali.
Niente sciopero nazionale
I primi giorni dello scorso febbraio il Comitato Nazionale di Sciopero (Cnp) e la Centrale Unitaria dei Lavoratori (Cut) avevano annunciato per il 3 marzo una giornata di sciopero contro le politiche del governo di Iván Duque. Tra i motivi dello sciopero il presidente della Cut, Francisco Maltés, ha elencato le minacce sistematiche e gli omicidi dei leader sociali e degli ex guerriglieri.
Il 24 febbraio, le stesse sigle hanno annunciato la sospensione dello sciopero. La mancanza di garanzie è stata la principale motivazione per il rinvio della mobilitazione sociale. Per il presidente della Centrale Unitaria dei Lavoratori Maltés, la decisione è stata presa dopo un’assemblea generale nella quale è emerso che, nonostante le richieste allo Stato, dato il contesto in Colombia, non ci sono garanzie per esercitare il diritto alla protesta pacifica. Fatto significativo della violenza diffusa esistente in Colombia. Secondo la Ong Temblores tra il 28 aprile e il 31 maggio del 2021 vi sono stati 3789 casi di violenza della polizia contro manifestanti.
Ma sciopero armato
Se lo sciopero pacifico indetto dal Cnp e dalla Cut non si è tenuto, quello armato proclamato dall’Esercito di liberazione nazionale (Eln) ha avuto luogo. Tra il 23 e il 26 febbraio, i ribelli dell’Eln hanno compiuto più di 60 azioni in Colombia, secondo Indepaz. Per 72 ore diverse strade sono state bloccate, sono stati fatti esplodere esplosivi, diverse auto sono state date alle fiamme, le bandiere del gruppo sono state appese in luoghi pubblici. Alcuni dei suoi membri hanno persino pattugliato i centri urbani dei comuni e delle città in cui esercitano un forte controllo.
Elezioni, sconfitta uribista?
Domenica 13 marzo i colombiani eleggeranno un totale di 108 senatori e 188 membri della Camera dei Rappresentanti. Al Senato, 100 seggi saranno scelti dalla circoscrizione nazionale; due dalla circoscrizione speciale per i popoli indigeni; uno andrà al candidato alla presidenza che ottiene il secondo maggior numero di voti, il cosiddetto statuto di opposizione; e cinque corrisponderanno automaticamente alla rappresentanza politica del partito Comunes, che è stato creato nel 2017 dai membri dell’ex Farc-Ep a seguito degli accordi di pace dell’Avana del 2016.
Il Centro Democratico dell’ex presidente colombiano Álvaro Uribe Vélez, attualmente al potere, perderà a causa dell’elevata disapprovazione per il presidente Iván Duque (il cui tasso di disapprovazione ha raggiunto il 75%, secondo un sondaggio Invamer del settembre 2021) e per lo stesso Uribe (che aveva un tasso di disapprovazione del 68%).
Quest’ultimo è accusato di essere responsabile di un famigerato caso di manomissione di testimoni che ha portato un giudice a metterlo agli arresti domiciliari per due mesi nell’agosto 2020. Inoltre è anche associato a uno scandalo di corruzione elettorale.
Avanti il Patto Storico
È favorita la Coalizione del Patto Storico, a cui partecipa l’ex sindaco di Bogotá Gustavo Petro, la leader sociale Francia Márquez, del Polo Democrático (nella foto in evidenza Petro e Márquez), il leader indigeno Arelis Uriana, del Movimento Indigeno e Sociale Alternativo (Mais); l’ex governatore di Nariño Camilo Romero, dell’Unione Patriottica e Ampia Alleanza Democratica (Ada); e il leader religioso Alfredo Saade, anche lui dell’Ada.
Gustavo Petro ha lanciato il 10 settembre 2021 a Barranquilla il programma del Patto Storico per le elezioni del 2022. È una P per Patria, per Pace, per Popolo, per Patto, per Petro. Petro ha dichiarato che «il patto di pace non si firma ai tavoli, tra armati e in divisa che si sono uccisi a vicenda: è importante, ma non è vera pace». Nella storia della Colombia, quasi ogni volta che si firma un accordo di pace, la violenza continua, la guerra continua.
Il popolo colombiano che pone Gustavo Petro in testa alle intenzioni di voto – sia per il rinnovo del parlamento sia per le elezioni presidenziali previste per il prossimo 29 maggio – ha fiducia che la P per Pace significhi realmente il superamento del conflitto permanente nella società.
Petro, un leader di sinistra
Domenica scorsa migliaia di sostenitori del Patto Storico hanno celebrato insieme al candidato presidenziale Gustavo Petro la chiusura della campagna elettorale nella capitale colombiana. Riuniti nel Parque de los Periodistas, la maggior parte dei partecipanti ha scandito, con le bandiere bianche della coalizione di sinistra, lo slogan «il Patto è cambiamento» e ha chiesto il ritorno al governo in Colombia.
Il leader e candidato del Patto Storico si è rivolto ai sostenitori chiedendo loro di occuparsi del voto per garantire la maggioranza al Congresso e poi conquistare la presidenza al primo turno. Gustavo Petro ha insistito sulla necessità di andare alle urne per garantire la maggioranza parlamentare e quindi cambiare le leggi perché, come ha detto, «non era mai stata così vicina una vittoria popolare».
I sondaggi
Nel suo discorso, Petro ha fatto riferimento alle mobilitazioni dell’aprile 2021 contro l’agenda neoliberista promossa dal presidente colombiano Iván Duque (leggi anche Colombia, fame e rabbia in piazza. «Senza un vero cambiamento altri cent’anni di solitudine»). Petro ha anche assicurato di voler essere presidente «per cambiare la storia» e le leggi che non hanno favorito i lavoratori, gli studenti e i più poveri in generale.
A pochi giorni dalle elezioni legislative e delle consultazioni presidenziali, Gustavo Petro mantiene il vantaggio. Secondo il più recente sondaggio Invamer, la sinistra guida l’intenzione di voto e vincerebbe sia al primo che al secondo turno, dove otterrebbe il 44,6 percento contro il candidato di centro Sergio Fajardo. Ciò sarebbe la fine politica dell’uribismo, nemico della pace e del benessere socioeconomico dei colombiani.