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La maglia azzurra e la storia dei fratelli di Puma e Adidas

Il conto alla rovescia sta terminando e l’Italia, tra giovedì 24 marzo (semifinale playoff a Palermo contro la Macedonia del Nord) e, si spera, martedì 29 marzo (eventuale finale in Portogallo o Turchia), saprà se riuscirà a tornare ad un Mondiale dopo otto anni oppure se dovrà rinunciare alla seconda edizione di fila, evento mai avvenuto in 100 anni di storia. Ma, in attesa di capire come i campioni d’Europa di Mancini interpreteranno questi spareggi e l’identikit del centravanti titolare tra i vari Immobile, Scamacca, Raspadori o Joao Pedro, nei giorni scorsi la maglia azzurra (è proprio il caso di dirlo…) è stata interessata da un altro avvenimento, a suo modo storico: il cambio di sponsor tecnico, con l’abbandono di Puma e il passaggio ad Adidas dal 1 gennaio 2023.

Un (vecchio) nuovo sponsor tecnico per l’Italia
Immobile festeggia con la coppa (e in maglia Puma) l’Euro 2020 (dal profilo Ig del giocatore)

Una «tappa fondamentale», come dichiarato dal presidente della Figc Gravina, visto che Puma vestiva l’Italia dal lontano 2003. E, indossando la maglia con l’effigie del felino, gli azzurri hanno collezionato delusioni tremende ma anche vittorie fantastiche, come il Mondiale 2006, oltre ad Euro 2020. Ma, dopo Qatar 2022, toccherà ad Adidas accompagnare gli azzurri, ruolo che l’azienda tedesca, peraltro, aveva ricoperto già dal 1974 al 1978, quando fu il primo sponsor tecnico della Nazionale. Ad ogni modo, la staffetta Puma-Adidas non può che far tornare in mente una storia che ha dell’incredibile, le cui radici risalgono alla Germania degli anni Venti. Una storia che mette in scena la rivalità tra i fondatori delle due storiche aziende tedesche di abbigliamento sportivo. Adolf e Rudolf Dassler. Due fratelli. Scopriamola insieme.

Dai sogni di Adi al nazismo, passando per… Owens
Adolf Dassler con una delle sue scarpe da calcio

Adi e Rudi Dassler nacquero (rispettivamente il 3 novembre del 1900 e il 29 marzo 1898) nella cittadina bavarese di Herzogenaurach, vicino a Norimberga, una località famosa per la sua tradizione di calzolai e ciabattini. Non a caso i due, nel 1924, decisero di fondare una fabbrica di scarpe sportive, la Gebrüder Dassler Schuhfabrik, unendo il talento di Adi (il quale sognava che un giorno tutti i migliori sportivi avrebbero indossato le sue creazioni) e l’abilità nel commercio e con i numeri di Rudi. L’azienda, che cominciò a farsi un nome grazie alle Olimpiadi di Amsterdam 1928 e Los Angeles 1932, decollò definitivamente con l’avvento del nazismo, sfruttando l’importanza all’educazione fisica e sportiva voluta dal regime hitleriano.

Il leggendario Jesse Owens stravince i 200 metri olimpici indossando le scarpe Dassler

I Giochi di Berlino 1936, quelli che nelle velleità del Fuhrer avrebbero dovuto sancire la superiorità sportiva (e non solo) della razza ariana, segnarono l’apogeo della Dassler e dei due fratelli, che ebbero l’intuizione di legare il loro marchio non solo agli atleti tedeschi, ma anche a quelli stranieri. Così, nonostante la loro adesione (più o meno convinta) al nazismo, Adi e Rudi strinsero persino un accordo con Jesse Owens, il fuoriclasse statunitense che mandò al macero le convinzioni hitleriane, tanto che il leggendario sprinter e saltatore indossò le scarpe chiodate Dassler in almeno due delle quattro gare in cui vinse l’oro. Che storia. Ma il bello deve ancora arrivare.

La separazione e la nascita di Adidas e Puma

Il rapporto tra i fratelli Dassler, che grazie alla ‘sponsorizzazione’ di Owens riuscirono a continuare la loro attività anche dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, superando dopo svariate vicissitudini giudiziarie dovute all’appartenenza al nazismo, fu spesso conflittuale. E vicende di guerra non lo migliorò, anzi. Così, nel 1947, l’inevitabile decisione di separarsi. Una separazione dalla quale, un anno dopo, scaturirono le due storiche (e ricchissime) aziende che tutt’oggi conosciamo. Adi Dassler, contraendo nome e cognome, diede vita all’Adidas, portando con sé i due terzi della vecchia Gebrüder Dassler Schuhfabri. Mentre Rudi, utilizzando lo stesso gioco di parole, fondò la Ruda, pochi mesi dopo trasformato in Puma.

Un cartello a Herzogenaurach, emblematico della storica rivalità tra le due aziende

La rivalità tra i due fratelli si tramutò anche in una spietata concorrenza aziendale, che divise la cittadina di Herzogenaurach in due fazioni costantemente in lotta fra loro e la fece passare alla storia come “la città dei colli piegati”, per via dell’abitudine diffusa tra la popolazione di guardare quale marchio di scarpe fosse indossato dal proprio interlocutore. Una divisione anche religiosa e politica: Adidas rappresentava i protestanti e socialdemocratici, Puma i cattolici e conservatori. I fratelli Dassler non si parlarono né videro più fino alla loro morte, avvenuta il 27 ottobre del 1974 nel caso di Rudi, il 6 settembre del 1978 in quello di Adi. E persino i figli, che ereditarono le redini delle aziende, non instaurarono buoni rapporti tra loro. Anche se nel 2009 si registrò una formale riappacificazione tra i due marchi e le rispettive fazioni, che dura tutt’oggi.

Una storia da film…
La locandina del film

Questa, in sintesi, la storia di Adolf e Rudolf Dassler, gli inventori un secolo fa dei marchi Adidas e Puma, gli ultimi sponsor della maglia della Nazionale. Una storia da film, si direbbe in questi casi. E un film, in effetti, è stato girato nel 2016, dall’emblematico titolo ‘Adidas Vs Puma‘. Se gli azzurri riuscissero a qualificarsi al Mondiale, noi tutti dovremmo guardarlo almeno una volta…