Acerbo (Prc): “Pace, ambiente, lavoro e diritti: costruiamo l’Unione Popolare”
Un cantiere aperto, che si propone di costruire l’alternativa al draghismo e alle politiche che negli ultimi anni hanno accomunato centrodestra e centrosinistra. E pure il M5s. Sabato 9 luglio, a Roma, parte il progetto dell’Unione Popolare, che riunisce forze di sinistra radicale e sogna di diventare la France Insoumise italiana.
“Milioni di persone attendono una proposta politica diversa”. A dirlo, intervistato da Ventuno, è Maurizio Acerbo, segretario nazionale di Rifondazione comunista, tra i sostenitori dell’alleanza in vista delle Politiche (“ma anche oltre: vogliamo creare un movimento di alternativa che oggi nel Paese non c’è”).
La mobilitazione è partita da un appello* firmato – tra gli altri – da intellettuali, ambientalisti, costituzionalisti, femministe e rappresentanti di varie forze politiche (dal Prc, appunto, a Potere al popolo e Manifesta). Tra i temi fondanti, l’urgenza di far vincere la pace e costruire un mondo multipolare, ma anche quella ambientale. Per i diritti dei lavoratori, dei giovani, delle donne. Contro mafie, privatizzazioni e precarietà.
Acerbo, possiamo dire che è nata l’Unione Popolare?
«Sabato comincia un percorso per creare una forza unitaria alternativa ai partiti che sostengono il governo Draghi e votano per la guerra e per le armi. E che negli anni hanno votato per la precarizzazione del lavoro, per le privatizzazioni e per la devastazione ambientale».
Un progetto in vista delle Politiche?
«Vogliamo costruire un movimento che vada alle elezioni, ma anche oltre: un’alternativa nel Paese che oggi non c’è. La maggioranza dei cittadini è per la pace e contro la guerra, ma non è rappresentata. Quindi è bene che le forze non allineate costruiscano l’alternativa».
A convergere per ora ci sono Rifondazione, Potere al popolo (leggi anche Marta Collot (Potere al Popolo): «Casa, lavoro, sanità pubblica. Noi antifascisti fino in fondo») e Manifesta. Ci sarà anche il Pci?
«Per ora no, ma contiamo che aderisca. L’assemblea pubblica nazionale è una tappa fondamentale ma non siamo un recinto chiuso, anzi. Mi piacerebbe che si unissero anche lavoratori e personalità come Michele Santoro, che si sta battendo per la pace».
Tra i firmatari dell’appello figurano Angelo d’Orsi, Soumaila Diawara (leggi anche Soumaila Diawara: «Basta sfruttamento, l’Africa vuole una vera indipendenza»), Mimmo Lucano, Vauro, Moni Ovadia, Giovanni Impastato, Nicoletta Dosio, Andrea Costa di Baobab, Heidi Giuliani, costituzionalisti come Paolo Maddalena ed Enzo Di Salvatore. Ma quale sarà il ruolo di Luigi De Magistris, il cui intervento chiuderà l’assemblea? Sarà lui il Mélenchon?
«De Magistris si è messo a disposizione come noi e tanti altri per costruire una forza che non c’è, quindi credo che sarà utile un suo ruolo di primo piano per dare voce all’area di chi non è allineato con il draghismo. C’è riuscito a Napoli, che è l’unico Comune in Italia dove è stato attuato il referendum sull’acqua pubblica. E anche in Calabria, dove alle Regionali ha guidato una coalizione di alternativa che ha preso il 17%».
Volete costruire una forza di alternativa di sinistra.
«Pacifista e ambientalista. Non solo di sinistra, perché chi si identifica con l’attuazione della Costituzione non è rappresentato in Parlamento».
Quindi da un lato rappresentate una rottura con le forze che hanno governato negli ultimi anni, ma dall’altro un recupero dello spirito della Costituzione?
«Sì, abbandonato dalle forze politiche del centrosinistra e del centrodestra. Ci richiamiamo all’art. 11 della Costituzione contro la guerra e l’invio di armi, ma dobbiamo anche costruire un’alternativa alle politiche neoliberiste, in difesa dei diritti sociali, del lavoro, della sanità e della scuola pubblica».
Pochi giorni fa lei è stato in Turchia, al congresso di Hdp, la minoranza curda. Poche ore dopo Draghi stringeva la mano di Erdogan. Da “dittatore” ad “amico e alleato”. Che ne pensa?
«Penso che sia una pugnalata alle spalle ai democratici turchi, al popolo curdo e a tutti coloro che subiscono la repressione del regime di Erdogan. E anche a chi viene bombardato, anche in Siria e Iraq: una guerra illegale che ha la copertura della Nato e della comunità internazionale. Proprio in questi giorni le organizzazioni dei diritti umani accusano la Turchia di aver addestrato e prestato assistenza all’Isis nel genocidio degli yazidi. Ora Erdogan diventa “amico e alleato” – in realtà lo è sempre stato – perché dobbiamo fare la guerra a Putin per “difendere la democrazia e i diritti umani”. Sembra una barzelletta, ma è una vicenda tragica».
Nell’appello a cui aderite si condanna l’aggressione russa ma anche quelle della Nato e in generale l’interventismo a guida Usa. Cosa si può fare però adesso per cambiare questa situazione, vista la nostra posizione di subalternità?
«Serve che in tutta Europa, a partire dall’Italia che ha una Costituzione pacifista, cresca un movimento per la pace e anche per lo scioglimento della Nato, che è uno strumento di subordinazione dell’Europa agli Stati Uniti».
Quindi lei sarebbe per lo scioglimento della Nato?
«Il Patto di Varsavia si è sciolto da più di 30 anni…»
Potrebbe essere un’occasione, per l’Europa, di affrancarsi dagli Usa?
«I singoli paesi e l’Europa nel suo complesso hanno interesse alla cooperazione con la Russia e con la Cina e alla creazione di un ordine multipolare fondato sul diritto internazionale. Gli Stati Uniti hanno interesse a una nuova Guerra Fredda, perché le potenze emergenti a causa della globalizzazione mettono in discussione il loro dominio di unica superpotenza».
Non teme di essere definito un filo-putiniano?
«No, io sono un democratico e un comunista, quindi sono contro Putin e contro la Nato. Non penso che gli Usa, che come dice Noam Chomsky sono il principale stato terrorista del pianeta, possano fare la morale a Putin. Se vogliamo un cessate il fuoco in Ucraina e un’evoluzione in senso positivo delle relazioni internazionali, dobbiamo contrastare non solo Putin ma anche gli Stati Uniti nella loro propensione alla nuova Guerra Fredda che non riguarda solo la Russia, ma anche la Cina. Con rischi concreti di una Terza Guerra mondiale».
In Italia (ma non solo) sembra ci sia un clima di caccia alle streghe, nonostante per i sondaggi buona parte della popolazione sia contro la guerra e per la pace. Non trova che sia una cattiva situazione anche a livello democratico (leggi anche Ucraina, fermare i guerrafondai e il richiamo della caverna)?
«Io trovo folli queste considerazioni maccartiste. Io amo la letteratura russa e quella nordamericana. Rifiuto l’idea per cui se uno critica la Nato è filo-Putin o per cui se uno critica Putin è filo-Nato. Una posizione di pace è volta a contrastare i signori della guerra e tutte le tendenze imperialiste e nazionaliste. Comprese quelle del governo ucraino, egemonizzato purtroppo da forze nazionaliste di destra che hanno riabilitato i collaborazionisti del nazismo e sono ovviamente sponsorizzate dagli Usa per alimentare la guerra per procura con la Russia. E anche con una parte consistente della popolazione, che è di lingua russa».
Dopo il golpe di EuroMaidan, nel 2015 è stato messo fuorilegge il Partito comunista in Ucraina. Nei giorni scorsi la Corte d’appello ha confermato questa decisione.
«Tutte le formazioni comuniste e socialiste sono fuorilegge in Ucraina, come tutti i partiti espressione della minoranza russa, che però supera il 40% della popolazione. E l’Occidente fa finta di nulla».
Vero che c’è una guerra, ma anche alla luce di ciò l’Ucraina può essere davvero definita un paese democratico?
«È un paese aggredito, ma la Russia di Putin forse è più democratica dell’Ucraina. Almeno gli oppositori di Putin, se scappano in Europa o negli Usa, vengono aiutati».
Tanto è vero che milioni di profughi sono stati accolti dalla Russia negli ultimi anni.
«Esatto. Ma se scappano verso la Russia sono “deportati”. Noi siamo oggetto di una propaganda di guerra che è speculare a quella di Putin».
Che rapporti ha Rifondazione comunista con l’opposizione ucraina e i pacifisti ucraini?
«Ora la situazione è difficile, ma nel 2017 una nostra delegazione è stata in Donbass, tra cui Eleonora Forenza, allora europarlamentare accusata pure di terrorismo dal governo ucraino. Ma noi siamo solidali e vicini anche a chi fa opposizione a Putin e alla guerra in Russia».
Tornando all’Unione Popolare, è apprezzabile che ci sia una convergenza di forze e di voci che altrimenti avrebbero ancora meno spazio e peso. Però quali sono le prospettive? Cosa dà l’idea che stavolta non si ripetano esperienze fallimentari come la Sinistra l’Arcobaleno, Rivoluzione Civile, L’Altra Europa con Tsipras…?
«L’Altra Europa con Tsipras non fu un fallimento, elesse tre europarlamentari!»
Va bene. Ricordiamo però anche la frattura tra Potere al popolo e Rifondazione, che oggi sembra ricomposta. Insomma: c’è qualche speranza che l’Unione Popolare non sia solo un cartello elettorale?
«È necessario costruire un’alternativa e una prospettiva comune. Penso che i partiti debbano mettersi al servizio della costruzione di un movimento popolare, che coinvolga le tante persone che subiscono le conseguenze di politiche economiche sempre a favore dei più ricchi, le lavoratrici e i lavoratori che hanno perso i diritti, hanno i salari più bassi d’Europa e vanno in pensione in età più tarda, i giovani a cui sono stati apparecchiati un presente di precarietà e un futuro di pensioni da fame, chi ha sensibilità ambientale, chi si batte per la pace…»
A quali esempi guardate? Alla France Insoumise…?
«Ci sono tante esperienze in Europa. Credo che la più vicina sia quella francese, dove la sinistra, invece che fare da cameriere a Macron, come qui a Draghi, fa davvero la sinistra e ha una grande forza».
C’è un altro grande tema però: l’astensionismo. Il M5s sembrava aver raccolto le speranze dei tanti esclusi, degli abitanti delle periferie, anche in senso figurato. Ma ora…
«Il M5s ha impedito la crescita di una sinistra radicale come in altri paesi europei dopo il 2008, mischiando proposte della sinistra radicale al qualunquismo. Alla fine la miscela che abbiamo visto rischia di aggravare la crisi della politica. Io spero che quel che rimane del M5s rompa con il Pd e dia una mano a costruire uno schieramento di alternativa…»
Quindi lei sarebbe favorevole quanto meno a un dialogo con i Cinque Stelle se rompessero con il Pd?
«Non sarei contrario a priori. Certo, dovrebbero abbandonare le posizioni ambigue che li hanno portati a votare insieme a Salvini ma anche insieme al Pd provvedimenti che calpestano principi per noi fondamentali. Il M5s si è alleato con tutti, tranne con quelli che erano contro il sistema…»
Le potrebbero rispondere che sono state alleanze di convenienza, per governare (leggi anche Di Battista: «L’obbedienza agli Usa non è più una virtù. Il neo-M5s? Attendo le proposte politiche»).
«Beh, ma loro erano nati per aprire il Parlamento come una scatola di tonno e invece hanno generato una serie di politicanti, a partire da Di Maio, rispetto ai quali Mastella è un vero rivoluzionario».
Nell’Unione Popolare alcuni non ci saranno. Il Partito comunista di Marco Rizzo per esempio (leggi anche Rizzo (Pc): «Ripartire da Gramsci per cambiare la società»). Non c’è mai davvero un’unità totale delle forze a sinistra del Pd…
«Oddio, che Rizzo sia a sinistra del Pd è da vedersi, perché sui diritti delle donne e sui principi minimi lgbt si colloca alla destra del Pd…»
Penso anche a Sinistra italiana di Nicola Fratoianni e ai Verdi di Angelo Bonelli.
«Ecco, questo è un tema più serio. Fratoianni e Bonelli sbagliano a fare le ruote di scorta del Pd: è una sinistra ornamentale. Spero che ci sia un ripensamento da parte loro e come in Francia si uniscano a noi per fare una forza di alternativa. Se si ha coraggio, in Italia ci sono milioni di persone che attendono una proposta politica diversa».
* Di seguito l’appello per l’Unione Popolare:
Siamo milioni in Italia a ripudiare la guerra e l’Italia in guerra.
Condanniamo l’aggressione del Governo russo all’Ucraina, come ogni intervento militare delle grandi potenze e della NATO, perché le guerre causano sempre distruzione, colpendo in primis la popolazione civile e portando morte, sofferenza e odio tra i popoli.
Siamo contrari alla decisione del governo e della maggioranza del Parlamento di condurre l’Italia in guerra, ribaltando, attraverso l’invio di armi, l’articolo 11 della Costituzione e aprendo così al rischio di una Terza Guerra Mondiale.
Rifiutiamo un’economia di guerra che porta a un aumento dei prezzi, che rende ancora più ingiusta la nostra società, favorendo la speculazione e gli affari di pochi contro i molti.
Riteniamo fondamentale che il nostro Paese agisca concretamente per un immediato cessate il fuoco, veri negoziati, un ruolo centrale della diplomazia e una Conferenza di Pace, unica via.
La guerra e la sua economia approfondiscono la devastazione del pianeta e impediscono che si cooperi per la solu-zione dei problemi comuni. Spetta a noi schierarsi nettamente a favore dell’ambiente, opponendoci al ritorno al fos-sile, costruendo una vera transizione ecologica e una reale lotta al riscaldamento climatico, non più rinviabile. Ci schieriamo contro la violenza sulle donne, il razzismo, lo sfruttamento dei lavoratori e delle lavoratrici, l’aumento delle spese militari, le mafie, la corruzione e l’autonomia differenziata, che distrugge il sistema pubblico e penalizza in primo luogo il mezzogiorno.
Milioni di persone in tutto il mondo sono assetate di giustizia sociale e si stanno mobilitando, ottenendo importanti vittorie.
Tocca anche a noi in Italia. È tempo di costruire un modello di sviluppo in ferma contrapposizione alle ricette neoliberiste, ai processi di privatizzazione, e al potere economico e politico dominante, che da tempo ignora l’interesse collettivo e l’importanza dei beni comuni, e con un apparato di potere politico-economico-mediatico che comanda nell’interesse di pochi.
Il 9 luglio a Roma vogliamo cominciare a percorrere questo cammino. A mobilitarci nella società, nel mondo della cultura e anche nel sistema politico – oggi blindato dal Governo Draghi e dalla maggioranza trasversale che lo sostiene.
Incontriamoci, discutiamo, costruiamo con chi soffre, si indigna, lotta. Con chi viene escluso da questo sistema. Con chi ha idee, creatività, competenze, e non si arrende.
Non è vero che “tanto non cambierà mai nulla”. Siamo noi che, congiuntamente, possiamo unire, costruire e cambia-re. E noi le faremo cambiare nel senso della partecipazione, della democrazia, della solidarietà.
Insieme ce la possiamo fare!
Sottoscrittrici e sottoscrittori appello:
Fabio Alberti
Dafne Anastasi
Paolo Andreozzi
Cesare Antetomaso
Guendalina Anzolin
Giuseppe Aragno
Massimo Arcangeli
Franco Arminio
Pino Ippolito Armino
Michela Arricale
Saverio Aversa
Angelo Baracca
Filippo Barbera
Emma Baeri
Saverio Bartoluzzi
Michela Becchis
Vincenzo Benessere
Piero Bevilacqua
Paolo Berdini
Marco Bigerni
Susanna BohemeKuby
Cinzia Bomoll
Marina Boscaino
Fabiola Bravi
Agostino Breda
Maurizio Brotini
Benedetta Buccellato
Romeo Bufalo
Antonella Bundu
Simone Caccavallo
Paolo Cacciari
Enrico Calamai
Giulia Calò
Francesco Campolongo
Elisabetta Canitano
Ileana a Capurro
Antimo Caro Esposito
Loris Caruso
Clarissa Castaldi
Maria Teresa Chiarello
Donatella Chiodo
Salvatore Cingari
Francesco Ciocconi
Vincenzo Colaprice
Amalia Collisani
Andrea Costa
Giancarlo Costabile
Michele Conia
Giorgio Cremaschi
Natale Cuccurese
Carlo Cunegato
Massimo Dapporto
Rachele de Chiara
Cinzia Della Porta
Nicoletta Dentico
Francesco Di Lieto
Soumaila Diawara
Camilla Diurno
Enzo Di Salvatore
Matteo Dominioni
Angelo d’Orsi
Nicoletta Dosio
Tiziana Drago
Abdel El Amir
Gianni Fabbris
Daniela Lourdes Falanga
Lillo Fasciana
Paolo Favilli
MariemaFaye
Nello Fierro
Martina Filippini
Luca Fontana
Francesca Fornario,
Federico Fornasari
Francesca Frediani
Gianni Fresu
Andrea Fumagalli
Rosaria Galiero
Sara Gandini
Filippo Girardi
Haidi Giuliani
Valeria Giuliano
Giuliano Giurlando
Lorenzo Giustolisi
Dino Greco
Paola Guazzo
Maria Teresa Iannelli
Giovanni Impastato
Franco Ingrillì
Stefano Jossa
Patrick Konde
Francesca Lacaita
Ferdinando Laghi
Lelio La Porta
Raniero La Valle
ClaudileiaLemesDias
Guido Liguori
Fabiomassimo Lozzi
Francesca Lini
Giorgia Listì
Giulia Livieri
Consuelo Locati
Ernesto Longobardi
Antonio Lo Schiavo
Domenico (Mimmo) Lucano
Elettra Luna Lucassen
Gabriele Lupo
Guido Lutrario
Paolo Maddalena
Roberto Mancini
Nicola Manfredelli
Lucio Manisco
Dario Manni
Laura Marchetti
Tommaso Marcon
Gabriele Antonio Mariani
Loredana Marino
Antonella Marras
Pino Masciari
Francesco Saverio Mascolo
Leonardo Masella
Citto Maselli,
Ignazio Masulli
Giovanni Mazzetti
Emilio Mesanovic
Leo Micali
Maria Vittoria Molinari
Raul Mordenti
Roberto Morea
Veronica Morea
Roberto Musacchio
Viola Negro
Eva Olivero
Gessica Onofri
Guido Ortona
MoniOvadia
Giovanni Pagano
Rossano Pazzagli
Dora Palumbo
Vera Pegna
Ada Perini
Tonino Perna
Francesca Perri
Tiziana Pesce
Rosangela Pesenti
Gregorio Piccin
Giuseppe Racanelli
Cristina Re
Sandro Repaci
Riccardo Rifici
Vincenzo Riccio
Valntino Romano
Francesco Rubini
Franco Russo
Giorgia Salvati
Clementina Sasso
Enzo Scandurra
Emilio Scalzo
Giancarlo Scotoni
Fabio Sebastiani
Vauro Senesi,
Marino e Sandro Severini (The Gang)
Piero Soldini
Lucina Speciale
Santino Spinelli
Francesco Staccioli
Giulia Stringhini
Alvise Tassell
Aurora Trotta
Francesco Tuccino
Stefania Tuzi
Carmela Uliano
Emanuele Ungheri
Adolfo Vallini
Luciano Vasapollo
Fulvio Vassallo Paleologo
Stefano Vento
Maddalena Verrone
Guido Viale
Pasquale Voza
Alberto Ziparo
Maurizio Acerbo
Silvia Benedetti
Anna Camposampiero
Viola Carofalo
Mauro Casadio
Marta Collot
Giorgio Cremaschi
Luigi de Magistris
Yana Ehm
Paolo Ferrero
Andrea Ferroni
Eleonora Forenza
Stefano Galieni
Giuliano Granato
Matteo Mantero
Elena Mazzoni,
Paola Nugnes
Carmine Piscopo
Rosa Rinaldi
Giovanni Russo Spena
Doriana Sarli Simona Suriano