A Fatima
Dall’alto della città
Bagnata e allagata
Guardo mari mescolarsi
In una lettera ad Allen Ginsberg del 13 ottobre 1956, William Burroughs scrisse: “C’è qualcosa di speciale in Tangeri. È l’unico posto dove da quando sono lì, non voglio essere altrove. Qui nessuna crisi d’ansia. Questa città è bellissima perché continua a cambiare e ricombinarsi.”
Probabilmente la città che ho conosciuto tempo fa è già cambiata, sicuramente è anche diversa da quella dipinta da Eugène Delacroix un paio di secoli fa.
Tangeri è la città di fronte alla quale l’Atlantico e il Mediterraneo si incontrano con all’orizzonte la Spagna. A volte guardo lo spettacolo dalla terrazza dell’Hafa Café bevendo tè alla menta. È quasi sempre sereno, se c’è nebbia viene dalla Spagna. Dietro nuvole nere la Spagna, sotto un Oceano di onde.
Tangeri non è più la Mecca di intellettuali come Jean Genet, William Burroughs, Tennessee Williams, Paul Bowles, che la chiamava città del sogno, ed altri. Non si può più fumare kif nei bar e nei caffè, ma è sempre bella e diversa. Ha una Plaza de Toros, chiara, senza tori e toreri, unica nel continente nero.
Fatima lavora come responsabile della qualità, ma oltre che geologa è appassionata di letteratura e mi parla di Mohamed Choukri, lo scrittore di Tangeri, anche se nato nel Rif. Il padre fu un soldato dell’esercito spagnolo. Bambino non conobbe la fanciullezza, un lusso nella sua famiglia. Di 13 figli, 9 morirono o per malattie o per malnutrizioni. A 7 anni abbandonò il freddo e la fame del Rif ed andò a Tangeri, rifugiandosi nel porto e nelle strade della città, vivendo di tutto, contrabbando, elemosine ed altro.
Fino ad età adulta, 23 anni, non sapeva né scrivere né leggere. Poi studiò, imparò e lesse molto. A Tetouan, dove insegnò, conobbe lo scrittore Mohamed Sebbagh e volle essere come lui, uno scrittore, e iniziò a scrivere. Mohamed Choukri ebbe la fortuna di incontrare Paul Bowles che conoscendo la sua vita gli suggerì di scrivere la propria biografia, che tradusse in inglese e presentò a una casa editrice.
Alla Librerie des Colonnes, in Avenue Pasteur, compro Pain nu di Mohamed Choukri. La commessa, o forse una delle due proprietarie, le signore Gerofi, mi dice che ora è un romanzo culto, molto venduto, ma che per molto tempo è stato proibito in Marocco, perché con parole non sottomesse raccontava una realtà drammatica: il Rif e la Tangeri dei poveri e degli emarginati. Una critica feroce a quel Marocco. Scritto agli inizi degli anni ’70, fu pubblicato in arabo nel 1982 ed autorizzato in Marocco solo nel 2000.
Mohamed Choukri scrisse nel 2003: “Quando sono arrivato c’erano due Tangeri: Tangeri colonialista e Tangeri araba, fatta di miseria e d’ignoranza. Allora per mangiare rovistavo i bidoni della spazzatura. Di preferenza quelli degli europei perché erano più ricchi.”
La Librerie des Colonnes pubblica una rivista, Nejima, compro il numero dedicato a Mohamed Choukri con scritti suoi, di Angel Vasquez e di altri scrittori.
Leggo Le Pain Nu in un paio di giorni. La prefazione di Ben Jelloun mi aiuta a capirlo. Il romanzo racconta una realtà che non vedo attorno. Il Rif è roccia che scende a mare, lontana circa 400 chilometri di strade difficili, sono arrivato fino a Chefchaouen, bella, misteriosa, blu e bianca.
Tangeri è stata ripulita ed è stata fatta più bella; non vi sono più slum, anche attorno al porto.
Fatima mi dice che l’altra libreria di Tangeri è la libreria Gli Insoliti, meno seriosa della Librerie des Colonnes. Per Fatima entrambe le librerie vanno frequentate. Nella libreria Gli Insoliti compro un romanzo di Tahar Ben Jelloun e un dvd con il documentario Le Blues des Sheikates di Alì Essafi.
Chikhats o sheikates è una parola utilizzata in Marocco per le cantanti, le musiciste, le danzatrici e le prostitute. Il documentario racconta brevemente dei tre percorsi artistici e umani di tre chikhate della città di Safi: Aïta, la più anziana, Aisha, la vedova del famoso intellettuale autodidatta Bou’mid, e Hafida, la moglie dell’artista Ben Aguida.
Aïta definisce le loro canzoni come delle grida d’amore e di passione. Per certi versi mi ricordano le danseuses Ouled Nail dell’Algeria, ma queste non esistono più.
Fatima è nata e cresciuta a Fés e ha lavorato a Casablanca. Quando parla di Fés le si illuminano gli occhi; Idriss II – il fondatore di Fés – discende da Fatima Zohra, figlia del Profeta e sposa di Alì. Da qui il suo nome. Non ama, però Casablanca, come ama Fés e Tangeri. “Il colore di Casablanca non è il bianco. È oscura come nel film Casanegra. Tangeri è luce, è luminosa anche quando piove, umida e dolce.”
Tetouan. Leggo nella guida che mi accompagna e che la descrive bene: ”Disposta sulle pendici del gebel Dersa da cui domina la valle del oued Martil che in berbero significa Le Sorgenti, si staglia contro le montagne del Rif con le sue case bianche, le torri, le terrazze, i bastioni. La medina, alla quale si addossa oramai la città nuova, è ancora cinta su tre lati da spesse mura e sovrastata a nord-ovest dalla kasba.”
Tetouan, antica capitale del Protettorato spagnolo, continua ad essere un pezzo di Spagna in Africa. Molti abitanti parlano spagnolo e tifano Real Madrid o Barça.
La medina è un dedalo di vie strette e sinuose dove nei suq si svolgono attività artigianali e commerciali. Compro un gioiello berbero in argento, La Mano di Fatima. Lo mostro a Fatima, che mi dice: ”Può sembrare un gioiello religioso islamico. Fatima era la figlia di Maometto, ma non è così, è quello che si dice ai turisti e tu sembri un turista. È un gioiello con significato magico, si chiama khamsa per le cinque dita della mano aperta. Magia bianca, benefica, non magia nera come la pasta di luna. So, quindi di aver comprato un gioiello che si chiama khamsa e che porta fortuna.
Tangeri, Tetouan e Chefchaouen sono fotogeniche. Tangeri ha incantato Delacroix. Ora non ci sono cavalli in giro, ma ha sempre incanto. Fotografo molto. Con in testa una incisione di fine ‘800, di cui ho comprato una copia, fotografo. Anche Fatima è fotogenica. È alta e magra, con occhi e capelli neri, sembra l’odalisca dipinta da Matisse in abiti moderni.
La fotografo al Café Haifa, alla necropoli in pietra scura vicino al Café Haifa, vestita di rosso di fronte all’azzurro del mare e del cielo, di spalle che passeggia in una stradina della Medina.
Un pomeriggio, con Fatima e suo marito, Houssam, andiamo alla Cinemateca di Tangeri per sapere se in programmazione vi sono film marocchini come Juanita de Tanger (La chienne de vie de Juanita Narboni) della regista Farida Benlyazid, tratto dal romanzo di Angel Vasquez. Non ho letto il romanzo, ma conosco la trama. Juanita – di padre inglese e di madre spagnola – è l’ultima testimone di una Tangeri internazionale e coloniale, mescolanza di differenti culture e religioni e racconta con umorismo la sua vita. Sullo sfondo vi sono dei drammi storici: la guerra civile spagnola, l’arrivo delle truppe khalifienne sotto il comando franchista, la seconda guerra mondiale. Una donna, forse la direttrice ci dice che Juanita de Tanger è del 2006, che è già stata proietettata e che non pensano di farlo, almeno a breve, ma molti sono i film in programma, anche marocchini.
Consiglia Une fenêtre à Tanger – Le Maroc de Matisse, un breve documentario di Yves de Peretti sul soggiorno di Henry Matisse a Tangeri e ci dice: ”La sua stanza all’Hotel Ville de France fu per Matisse una finestra aperta sulla luce e la cultura della città.”
A Place 9 Avril, conosciuta come Suq Barra o Grand Socco si trova il Cinema Rif, costruito nel 1938, che nel 2003 è diventato la Cinémathèque de Tanger. Il Cinéma Rif offre all’interno un’atmosfera speciale, lampade a forma di grandi bolle che scendono dal soffitto, un grande specchio che incornicia una parete, il bancone, poster sui muri e i colori rosso e giallo. Inoltre vi è una caffetteria, dove poter bere un tè alla menta e leggere un libro, chiacchierare, o connettersi a internet.
Attraverso un vetro fotografo Fatima e Houssam che siedono all’interno della caffetteria, bevono caffè e parlano.
Lascio Tangeri e Tetouan, ritorno in Italia e dopo tempo mi ricordo che non ho dato a Fatima la foto che la ritrae con Houssan all’interno della caffetteria della Cinémathèque de Tanger e la invio.
Mi risponde Houssan.
Thank you for your kindness Francesco! I would have liked her to answer you in person, unfortunately she is gone…, morta, quindi.
Rimango senza parole per la sorpresa ed il dolore.
Ora quando ricordo Tangeri e Tetouan penso a Fatima che mi ha raccontato molto del Marocco spagnolo, dove l’Africa inizia.