Ancora nel pieno della rabbia per l’uccisione di Giulia Cecchettin, che ha scatenato un’ondata di mobilitazioni in tutta Italia, eccoci alla vigilia della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Una data da segnare in rosso: 25 novembre. Un sabato nel quale è attesa una marea di rivendicazioni, dalla grande manifestazione nazionale a Roma al resto del Paese. Libertà, rispetto, parità, diritti: principi che non possono attendere un minuto di più per essere pienamente praticati, in una società ancora intrisa di maschilismo e “cultura” del possesso, da cui proviene la violenza di genere. Ma perché in tutto il mondo si celebra proprio il 25 novembre la giornata contro la violenza sulle donne?
Tutto nasce all’altro capo del mondo, ai Caraibi. Repubblica Dominicana. Il 25 novembre 1960, infatti, vennero assassinate le sorelle Patria, Minerva e María Teresa Mirabal, oppositrici della dittatura di Rafael Leónidas Trujillo. Un’esecuzione brutale, opera del regime trujillista, tra i più duri dell’America Latina. Donne determinate, che volevano essere libere. La loro militanza ribelle, che nel 1960 le portò a costituire il gruppo clandestino Movimento 14 giugno, era fumo negli occhi per la dittatura dominicana. Scoperte, conobbero il carcere come i mariti e molti altri. La resistenza si espanse.
Il 25 novembre 1960, la macchina su cui viaggiavano le tre sorelle e l’autista Rufino de la Cruz venne intercettata. Fatti scendere i passeggeri, alcuni uomini li uccisero a bastonate. Nonostante la censura, in tutto il Paese esplose la rabbia contro la dittatura, che culminò nell’omicidio di Trujillo un anno dopo. Nel 1999 l’Onu decise di celebrare il 25 novembre la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Un ricordo perenne delle sorelle Mirabal, che in codice si chiamavano Mariposas (Farfalle).