Oil: tre milioni l’anno muoiono di lavoro
*Secondo le nuove stime dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (Oil), quasi tre milioni di lavoratori muoiono ogni anno a causa di incidenti sul lavoro e/o malattie professionali. Il dato sottolinea le sfide persistenti nella salvaguardia della salute e della sicurezza dei lavoratori in tutto il mondo. La maggior parte di questi decessi legati al lavoro, per un totale di 2,6 milioni, sono dovuti a malattie professionali. Secondo l’analisi gli incidenti sul lavoro sono responsabili di altri 330.000 decessi. Le malattie circolatorie, le neoplasie maligne e le malattie respiratorie sono tra le prime tre cause di morte correlata al lavoro. Insieme, queste tre categorie rappresentano più di tre quarti della mortalità professionale totale.
Il rapporto
I nuovi dati, contenuti in un breve rapporto dell’Oil di una ventina di pagine, intitolato ‘A call for safer and healthy working conditions’, sono stati presentati al 23° Congresso mondiale sulla sicurezza e la salute sul lavoro, una delle più grandi conferenze internazionali sul tema, che si è svolta a Sydney (Australia) dal 27 al 30 novembre.
Secondo le ultime stime elaborate dall’Oil relative all’anno 2019, oltre 395 milioni di lavoratori in tutto il mondo hanno subito un infortunio sul lavoro non mortale. Inoltre, circa 2,93 milioni di lavoratori sono morti a causa di fattori legati al lavoro, un aumento di oltre il 12% rispetto al 2000. Il considerevole aumento del numero assoluto di decessi legati al lavoro è influenzato da diversi fattori, che possono riguardare un aggravamento in termini di esposizioni non protette ai rischi professionali, nonché ai cambiamenti socio-demografici. Ad esempio, la forza lavoro globale è aumentata del 26% tra il 2000 e il 2019, da 2,75 miliardi a 3,46 miliardi. Anche gli strumenti diagnostici sono migliorati significativamente negli ultimi due decenni, contribuendo a far crescere il numero di casi rilevati.
I decessi legati al lavoro sono distribuiti in modo diseguale, con il tasso di mortalità maschile (108,3 per 100.000 nella forza lavoro) che è significativamente più alto del tasso femminile (48,4 per 100.000). In termini di distribuzione regionale, l’Asia e il Pacifico detengono la quota più elevata di casi, contribuendo a quasi il 63% della mortalità globale correlata al lavoro. Ciò riflette il fatto che la regione possiede la più alta popolazione attiva del mondo.
In termini relativi, i decessi legati al lavoro rappresentano il 6,71% di tutti i decessi a livello globale. Si stima che la frazione di morti attribuibile al lavoro sia più alta in Africa (7,39%), seguita da Asia e Pacifico (7,13%) e Oceania (6,52%).
Fattori di rischio
Esaminando in dettaglio i fattori di rischio professionale più diffusi, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) e l’Oil hanno sviluppato una metodologia di stima congiunta per produrre le stime Oms/Ilo del carico di malattie e infortuni legati al lavoro. A oggi inoltre sono state indagate 42 coppie di fattori di rischio professionale e di esiti sanitari associati (vale a dire una malattia o un infortunio specifico). Queste stime ci forniscono alcune prove sulla relazione tra l’esposizione professionale a specifici fattori di rischio e i conseguenti esiti negativi sulla salute.
Tra i 20 fattori di rischio professionale considerati, quello a cui è possibile attribuire il maggior numero dei decessi avvenuti nel 2016 è stata l’esposizione a orari di lavoro prolungati (≥ 55 ore settimanali), che ha ucciso quasi 745.000 persone, seguita dall’esposizione a particolato, gas e fumi prodotti dalle lavorazioni effettuate nel posto di lavoro, con oltre 450.000 decessi associati e in terzo luogo, come si è visto, gli infortuni sul lavoro, che hanno provocato oltre 363.000 decessi.
In linea con le stime globali dell’Oil citate, il peso di specifici fattori di rischio professionale considerati dalle stime congiunte Oms/Ilo mostra un’evoluzione variabile nel tempo. Ad esempio, il tasso di tumori delle vie respiratorie attribuibili all’esposizione professionale al cromo tra il 2000 e il 2016 è raddoppiato. Il mesotelioma attribuibile all’esposizione all’amianto è aumentato del 40%. Il tasso di cancro della pelle non melanoma tra il 2000 e il 2020 è aumentato di oltre il 37%. D’altro canto, i decessi dovuti all’esposizione ad agenti asmatici e a particolato, gas e fumi sono diminuiti di oltre il 20%.
Ma i numeri nel complesso restano impressionanti. L’equivalente di una vera e propria guerra mondiale, di cui però nessuno parla.
*Articolo pubblicato sulla newsletter di PuntoCritico