Coscienza, intelligenza artificiale, teletrasporto. La filosofia della scienza oggi
«Perché ho scelto la filosofia della scienza e in particolare il campo della coscienza? Mi sono sempre chiesto cosa mosse i primi ominidi a spingersi oltre i loro habitat originari. I greci millenni dopo a chiedersi chi siamo e da dove veniamo. Da dove nasce questa curiosità? Come è possibile che un organo piccolo, molliccio, racchiuso in una scatola cranica potesse condurci fino a qui?».
Francesco Ellia è un dottorando del dipartimento di Filosofia e comunicazione dell’Università di Bologna e Honorary Fellow (membro onorario) dell’Università del Winsconsin a Madison. Si occupa di questioni complesse, che però riesce a spiegare in modo semplice. Soprattutto non parliamo di temi lontani, ma di questioni con implicazioni importanti nell’attualità e nel mondo che verrà.
«Ci sono persone che soffrono di disturbi di coscienza. Cioè si trovano in stato vegetativo. Sappiamo troppo poco ancora di quello che sta succedendo a queste persone. Se potessi dare, anche nel mio piccolo, un minimo di contributo a una causa così importante, ne sarei davvero felice».
Cosa è la coscienza?
«La coscienza è quella cosa che appare la mattina quando ci svegliamo, scompare solo in alcune fasi del sonno, riapparendo però se stiamo sognando. È assente anche se siamo in anestesia totale o in alcune crisi epilettiche. Coscienza significa avere esperienza di qualcosa».
Chi ha coscienza, solo gli uomini o anche gli animali?
«Problema dibattuto. Un tempo si pensava che solo l’uomo avesse coscienza, perché si pensava che questa caratteristica necessitasse di un linguaggio. Che gli animali fossero macchine, anche se molto complesse. Oggi si dà quasi per scontato che i mammiferi e alcune altre specie abbiamo coscienza di sé. Credo che questo dovrà avere conseguenze etiche nel nostro rapporto con gli animali».
Visti i progressi che stiamo compiendo nell’ambito dell’intelligenza artificiale, le macchine potrebbero sviluppare una coscienza?
«Dobbiamo distinguere tra intelligenza e coscienza. È possibile incontrare coscienze non dotate di intelligenza e intelligenze non dotate di coscienza. Quest’ultimo dovrebbe essere il caso delle macchine. Uso il condizionale perché nell’ambito della coscienza bisogna stare molto attenti ad esprimere certezze, io posso essere sicuro solo della mia coscienza effettivamente. Non credo che per la nascita di una coscienza debba esserci perforza materiale organico, o che sia impossibile creare una coscienza artificiale. Però la coscienza sembra risiedere nella corteccia celebrale che ha un’organizzazione, un funzionamento molto diverso dall’architettura di un sistema informatico».
Molti sperano che tramite l’intelligenza artificiale, sia possibile raggiungere l’immortalità…
«Sì, molti pensano che sarà possibile fare una copia di noi e poter essere inseriti in uno spazio informatico. Non sono però convinto che la copia di me, sia sempre io. Magari a svegliarsi nella macchina non sarò io, ma una copia che agisce in modo perfettamente identico a me. È un po’ come il paradosso del teletrasporto».
Il teletrasporto?
«Immagina di essere su Marte, di voler tornare dai tuoi cari e di avere a disposizione un teletrasporto per andare sulla Terra. Però il teletrasporto funziona così: tu entri nella macchina, vieni distrutto e trasformato in tanti atomi e poi ricostruito in un altro punto dell’universo, sulla Terra. La domanda è: chi si sveglia dall’altra parte tu o un altro che però è la tua copia perfetta? Tu magari sei morto perché ti hanno smantellato in tanti atomi su Marte, anche se sulla terra si sveglierà una persona uguale a te. A questo dubbio si aggiunge un ulteriore fattore. È meglio rimanere su Marte da solo oppure rischiare di morire, pur di farti riabbracciare dai tuoi famigliari? Questa domanda vale anche per una copia virtuale di te. Al di là che si tratti davvero di te o meno, può essere un modo per consentire ai tuoi famigliari di continuare a parlarti».
Oggi quali sono le principali ragioni di dibattito in materia di coscienza?
«Dal punto di vista filosofico lo scontro è tra chi ritiene che la coscienza sia un fatto prettamente fisico e chi invece, rispolverando posizioni tipiche dell’idealismo, sostiene che tutto sia mente, che esista solo la nostra esperienza del mondo. Infine, c’è una posizione definita panspsichismo, secondo cui la coscienza dominerebbe l’universo, sarebbe presente anche nelle pietre, negli atomi… Io aderisco alla visione kantiano-idealista, un po’ in declino negli ultimi anni. Credo che tutto sia coscienza, senza la coscienza, non abbiamo esperienza del mondo, vediamo la realtà solo grazie ad essa».
E dal punto di vista scientifico?
«Immagina di trovarti di fronte allo skyline di una città immensa come New York. Ti rendi conto di avere di fronte una realtà molto complessa. Alcuni scienziati pensano che tu veda l’intera complessità di questo orizzonte, ma che poi non sarai in grado di descriverla nei dettagli. Altri pensano che tu sia in grado di cogliere già dall’inizio solo una parte di essa, anche se ti sembra di vedere molto di più di ciò che effettivamente sei in grado di percepire.
Le due teorie sono chiamate rispettivamente: “Integrated Information Theory” (traduzione letterale: teoria dell’informazione integrata), che enfatizza l’essere della coscienza e a cui aderisco; e “global neuronal workspace” (traduzione letterale: teoria neuronale dello spazio di lavoro) che enfatizza il fare della coscienza. Per tentare di porre fine alla diatriba ci sarà presto una competizione basata su esperimenti riguardo questo argomento organizzato dalla John Templeton Foundation».
La filosofia è ancora importante?
«Sì, perché la filosofia aiuta a porsi le domande giuste. A volte è più importante fare le domande giuste, che ottenere le risposte in modo immediato, come spesso capita oggi. In particolare credo sia molto importante il settore della filosofia della scienza».
Alcuni studiosi dicono che con i Big Data possiamo trovare correlazioni tra fenomeni, fare previsioni quindi sulle conseguenze di un’azione o comprendere cosa ha causato un evento. Tutto questo senza doverci più chiedere perché, dare delle interpretazioni, inventare teorie da verificare. La filosofia oggi può aiutarci a recuperare la domanda ‘perché’?
«Sì. Inoltre credo che con i Big Data potremo solo stabilire correlazioni tra fenomeni. Invece per stabilire che tra due eventi ci sia effettivamente una relazione di causa-effetto, deve intervenire anche qualcosa di diverso, una interpretazione».
La Coscienza può essere un concetto base per un discorso etico da cui far riemegere un nuovo umanesimo?
«Credo che la coscienza sia il fondamento di ogni discorso etico e del bisogno di riconoscere dignità all’uomo. Portare l’umanità al centro del discorso è importante in un mondo anestetizzato, in cui diventiamo indifferenti alle tragedie e al problema dei diritti. Per raggiungere questo scopo ritengo che dovremmo riportare anche il discorso filosofico nella scienza e la scienza nel discorso filosofico. Cartesio era filosofo, ma anche scienziato, così come Galileo e tutti gli uomini di quel periodo storico. Oggi l’estrema specializzazione delle discipline non lo consente, ma dovremmo comunque tentare di valicare a volte il nostro ristretto ambito per ottenere una visione più ampia».
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