Mancini, il fuoriclasse dell’Italia. E 5 gol magici
È Roberto Mancini il ‘fuoriclasse’ dell’Italia, non c’è alcun dubbio. In una Nazionale ricca di talento ma priva di campionissimi, il cui tratto distintivo è rappresentato dalla forza del gruppo (no, stavolta non è una frase fatta), non può che essere il commissario tecnico l’uomo in più degli azzurri, lui che campione lo è stato da giocatore. La conferma è arrivata nel girone di Euro 2020, che gli azzurri hanno vinto in carrozza guadagnandosi gli ottavi sabato 26 giugno a Wembley contro l’Austria e, si spera in seguito, l’agognata resa dei conti contro una ‘big’ (ai quarti, probabilmente, ci sarebbe il terribile Belgio ad attenderci).
Mancini ha raggiunto il traguardo delle 30 partite di fila senza sconfitte che resisteva dall’era Pozzo, dunque dagli anni Trenta, ma soprattutto ha trasformato una nazionale uscita a pezzi dalla mancata qualificazione agli ultimi Mondiali. Mai si era vista l’Italia dominare in questo modo per tanto tempo. Sotto il profilo del gioco, del pressing, della fiducia, della mentalità. E gran parte del merito non può che andare a colui che tre anni fa, reduce dall’esperienza allo Zenit San Pietroburgo, si accollò con entusiasmo l’arduo incarico di riportare gli azzurri ai vertici. Mancini uomo copertina, dunque, qualsiasi sia l’esito degli Europei. Perciò Ventuno, in questi giorni d’attesa, ha ripercorso il passato del 56enne tecnico di Jesi, scegliendo i quattro gol più significativi (e spesso belli) della sua ventennale carriera da calciatore. A cui va aggiunta una rete non siglata direttamente da lui, bensì dalla squadra con cui ha ottenuto il successo (fin qui…) più importante da allenatore: la Premier League col Manchester City.
1, il primo sigillo, 4 ottobre 1981
Non si può che partire dagli inizi, dagli anni Ottanta e dall’unica stagione vissuta a Bologna, club che l’ha fatto debuttare in A non ancora diciassettenne. L’esordio è datato 13 settembre 1981 (Bologna-Cagliari 1-1) e il primo gol arriva non più tardi di un mese dopo a Como (4 ottobre), nel 2-2 contro i rossoblù. Un pallonetto morbido di sinistro che non lascia scampo al compianto Giuliani, preludio a centinaia di altri tocchi pregevoli che caratterizzeranno la sua carriera. In quella stagione quel Mancio prodigio ancora minorenne ne siglò altri 8, che tuttavia non impedirono la retrocessione del Bologna in B. Categoria che Roberto non toccò mai.
2, semirovesciata di Coppa, 8 febbraio 1989
Nel 1982, infatti, Mancini passa alla Sampdoria, dando inizio ad un’epopea durata 15 anni e passata alla storia con lo Scudetto del 1991, la finale di Champions persa nel 1992 e la formazione con l’amico di sempre Gianluca Vialli (oggi capo delegazione della Nazionale) di una delle coppie più letali del calcio italiano: i gemelli del gol. Per non parlare del record, tutt’ora ineguagliato, di 566 presenze in maglia blucerchiata e 171 gol. Quali indicare tra i tanti? Complice il rapporto ‘morboso’ del Mancio con la Coppa Italia (vinta 10 volte in totale da giocatore e allenatore), simbolicamente scegliamo la splendida semirovesciata con cui sblocca il risultato nella semifinale di ritorno contro l’Atalanta, datata 8 febbraio 1989, vinta 3-1 dalla Samp. Vialli (e chi sennò) gli pennella un gran pallone in mezzo e Mancini si coordina in modalità ‘rovesciata calciatori Panini’, spianando la strada ai blucerchiati del presidentissimo Mantovani, che conquisteranno poi quella Coppa battendo il Napoli in finale.
3, l’anno dello Scudetto, 18 ottobre 1990
Ma lo storico traguardo raggiunto dalla magica Samp di quegli anni è lo Scudetto, di cui è appena scoccato il trentennale. In quel campionato, 1990-91, il Mancio realizza 12 gol. Il più bello? Quello rifilato al Napoli di Maradona al San Paolo, il 18 ottobre 1990. I blucerchiati vincono 4-1, doppiette manco a dirlo di Mancini e Vialli. Roberto firma il poker con un potentissimo destro al volo da poco dentro l’area su assist di Lombardo, che tocca il palo prima di insaccarsi in rete, lasciando di stucco Galli. Una perla.
4, un tacco magico, 17 gennaio 1999
Forse il suo gol più iconico, che anche i più piccoli avranno visto su YouTube, è il tacco che Mancini rifila in un Parma-Lazio 1-3 del 17 gennaio 1999. Angolo con traiettoria a mezz’altezza dell’amico Mihaijlovic, il fantasista si coordina sul primo palo e colpisce la sfera con una girata di tacco tanto naturale (per lui) quanto ‘metafisica’ (per il pubblico). Nulla da fare per un giovane Buffon, incolpevolmente battuto. E Mancini, leader tecnico e carismatico di quella Lazio più forte di sempre cui si trasferì nel 1997, si appresta un anno più tardi (14 maggio 2000, grazie anche all’acqua di Perugia) a conquistare il suo secondo Scudetto da giocatore. Roberto, peraltro, neppure oggi in camicia e pantaloni ha perso il gusto per il tacco: vedere per credere lo stop effettuato contro il Galles.
5, la Premier 13 maggio 2012
Mancini non realizza in prima persona questo gol, anche se la classe e la freddezza con cui il Kun Aguero al 94′ (servito dall’ex pupillo del Mancio Balotelli) colpisce il pallone che consente al Manchester City di battere il QPR 3-2 e di impossessarsi della Premier League dopo 44 anni sono tutte qualità di marca manciniana. Da allenatore Mancini ha mietuto successi praticamente ovunque: con Fiorentina, Lazio, Inter e Galatasaray, restando a secco solo nell’anno in Russia. La Premier probabilmente resta la sua vittoria più significativa, anche più degli Scudetti interisti. Che, in termini di importanza, i tifosi italiani sperano venga superato con la Nazionale in questi anni (o magari tra qualche settimana..). Paradosso delle magre soddisfazioni che Mancini raccolse da giocatore in maglia azzurra.