Roma, colombiani in piazza con i genitori di Mario Paciolla. A un anno dalla sua morte
«Mai più». Questo lo slogan scandito dai colombiani in Italia, scesi in piazza lo scorso sabato per sensibilizzare la cittadinanza su quello che sta avvenendo in Colombia da ormai quasi tre mesi (la foto in evidenza è di Maria Victoria Santoyo Abril).
Le ragioni della protesta
Era il 28 aprile, infatti, quando nel paese sudamericano scoppiavano le prime manifestazioni contro il governo di destra di Iván Duque. Dapprima contro il progetto di riforma fiscale, impostato per gravare ulteriormente sulla classe media e sui poveri, ormai il 42,5% della popolazione colombiana (circa 21 milioni di persone). Poi, dopo i primi scioperi e gli imponenti cortei dalla capitale Bogotà a Cali, tutto il Paese ha continuato a farsi sentire, nonostante il ritiro della riforma. Facendo emergere le rimostranze latenti da tempo, contro le privatizzazioni e i crimini di stato, a favore di servizi pubblici, equità sociale e rispetto dei diritti umani (leggi anche Colombia, fame e rabbia in piazza. «Senza un vero cambiamento altri cent’anni di solitudine»).
La piazza di Roma
Proprio quello che hanno chiesto i partecipanti alla manifestazione di sabato sera in piazza dell’Esquilino a Roma, organizzata dalla rete Tejidos Resilientes (‘Tessuti resilienti’), nata da poco con l’obiettivo di unire cittadini, collettivi e associazioni. Con loro c’erano anche i genitori di Mario Paciolla, cooperante italiano ritrovato morto il 15 luglio 2020 a San Vicente del Caguán, in Colombia. Un anniversario onorato chiedendo ancora una volta «verità e giustizia» per il giovane napoletano che lavorava per una missione Onu.
Tra performance teatrali, balli in costumi tradizionali e messaggi di informazione sulla situazione colombiana, la piazza di Roma ha riacceso i riflettori sui crimini, le violenze e i soprusi del sistema di potere colombiano. Le piazze del paese sudamericano sono represse nel sangue, tra omicidi, stupri e sparizioni forzate.
Guerra continua
Decine i morti, migliaia i feriti e centinaia gli scomparsi, secondo varie organizzazioni non governative, che accusano apertamente i militari schierati dal governo e gli agenti dell’Esmad (la squadra mobile antisommossa) di soffocare la rivolta popolare per «garantire la ricchezza di una minoranza e gli interessi delle multinazionali», come denuncia la rete Tejidos Resilientes. «La crisi sanitaria da Covid-19 – continuano gli attivisti – non ha fatto altro che aumentare, fino a renderle intollerabili, le disuguaglianze economiche e sociali provocate da anni di conflitto interno caratterizzato da stragi, omicidi politici, esili ed esodi di popolazioni». Tra le richieste di Tejidos Resilientes vi sono il rispetto della Costituzione e degli accordi di Pace del 2016 tra il governo e i guerriglieri delle Farc-Ep.
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