Santiago, 11 settembre 1973. Mezzogiorno. Gli aerei militari bombardano la Moneda, il palazzo presidenziale. Dentro, il presidente Salvador Allende. Occhiali, giacca di lana, maglione a rombi chiari e scuri e un paio di pantaloni grigi. La fine della democrazia, in Cile, ha una data precisa.
Continua a leggere«È una vittoria enorme. Qui c’è un clima di festa». A dirlo è Elena Basso, giornalista italiana in Cile. Pochi giorni dopo il weekend elettorale, in cui quasi 15 milioni di cileni erano chiamati a votare non solo per sindaci, amministrazioni locali e governatori regionali, ma soprattutto per i 155 membri dell’Assemblea Costituente che redigeranno la nuova Costituzione cilena, l’esito è ormai assodato.
Continua a leggereAl terzo tentativo, il ricco banchiere ecuadoriano Guillermo Lasso ha vinto le presidenziali in Ecuador, sconfiggendo il candidato progressista Andrés Arauz. Nessun vincitore, invece, in Perù, che come prevedibile dovrà tornare alle urne il 6 giugno per il ballottaggio: a sorpresa – questo sì – uno dei due contendenti sarà il candidato di Perù Libre Pedro Castillo, insegnante e leader sindacale di impronta socialista.
Continua a leggere«C’è chi crede che il destino stia nel grembo degli dei, ma la verità è che lavora, come una sfida incandescente, sulla coscienza degli uomini». Così scriveva Eduardo Galeano nel suo saggio Le vene aperte dell’America Latina, appellandosi ai «derubati, i dissanguati, gli umiliati, i maledetti», chiamati alla «ricostruzione dell’America Latina» dopo cinque secoli di sfruttamento e ingiustizie.
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